“La nostra Felix Film da Monteverde al mondo”
di Marina Greco
Incontro con le due sorelle Laura e Silvia Pettini produttrici di raffinati documentari culturali e sociali. Un metodo di lavoro collaborativo, intellettualmente curioso, dal forte imprinting internazionale, che ha permesso di salvare testimonianze visuali inedite. Dagli unici video di don Milani a Barbiana alla divulgazione all’estero della grande storia del cinema italiano.
Cosa hanno in comune Luchino Visconti e la pastorella analfabeta Beatrice che declama rime in ottava? Sophia Loren e Peppe da Ganzirri, ultimo dei pescatori di pescespada dello stretto di Messina? Claudia Cardinale e la californiana Concettina che riporta la coperta del corredo della bisnonna nella natia Palermo? Don Milani con gli scarponi sulle colline del Mugello ed il filosofo della spirale Pier Luigi Ighina che scruta le nuvole sull’autodromo di Imola? Lo si scopre entrando nella casa romana di Laura e Silvia Pettini, fondatrici di Felix Film che, su queste e tante altre figure che compongono la memoria del nostro ‘900, hanno prodotto e spesso co-sceneggiato raffinati documentari di arte, storia, cinema, temi sociali. Su dei foglietti incasellati di nomi e cifre – aperti su un tavolo di una tranquilla casa di Monteverde Vecchio, tra gatti acciambellati – passa la stagione d’oro della tv italiana. Quella degli ipnotici sceneggiati con Giorgio Albertazzi e Gian Maria Volontè, dei varietà con gli acuti di Mina e le vertiginose spaccate delle Kessler, dell’elegante teatro di Luca Ronconi e Luigi Squarzina passando per le avventure di Furia, Rin Tin Tin e Gian Burrasca. Quella che nutriva l’immaginario di una nazione avida di crescere.
Le fitte note scritte dal padre Giorgio Pettini, forlivese, ex partigiano, delegato di produzione Rai negli anni ’60-‘70, vengono custodite dalle figlie come una sorta di diapason su cui accordare il loro complesso lavoro di produttrici. “Grazie a lui si è sviluppato il nostro amore per l’arte in ogni sua forma” ricordano. Una “polifonia di visioni diverse” per usare le parole di Luciano Berio dedicate alle musiche del balletto “Per la dolce memoria di quel giorno” di Maurice Bejart sui trionfi petrarcheschi che la 14enne Laura vede al Giardino di Boboli, a Firenze, il 7 settembre 1974, insieme al padre. “Era uno spirito libero, partiva senza pensare all’albergo” ricorda ancora Laura che a 16 anni si ritrovò così a dormire in una tendina sul Lido di Camaiore nella prima estate, nel 1976, della Bussoladomani, tensostruttura voluta dal patron della Bussola Sergio Bernardini per i grandi eventi (due anni dopo qui cantò Mina per l’ultima volta).
“Oggi tutto è cambiato. Con l’offerta moltiplicata dalle piattaforme, l’imperativo è riempire le ore dei palinsesti…” spiegano le fondatrici di Felix film. La loro stessa casa di produzione è una sorta di scrigno visuale della storia del grande cinema italiano delle memorie di “un paese che non c’è più” per citare il sottotitolo di un documentario prodotto nel 2012, “C’era una volta in Italia” di Stefano Grossi. Il decennio a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, dal boom economico alle prime pulsioni contestatarie, narrato con estratti dai lavori di cineasti come Bertolucci e Bellocchio, cinegiornali e filmati dell’Istituto Luce. Scorrendo il catalogo di una quarantina di documentari prodotti in un trentennio di attività – distribuiti all’estero da Rai Trade – sono diversi i titoli che hanno il merito di aver salvato pellicole che sarebbero andate perdute o dimenticate in qualche archivio. In quello che oggi si chiama footage. A cominciare da “Parlando di cinema” di Carlo Lizzani – “che stiamo rieditando in una collana a blocchi” spiegano le due produttrici: una serie di 31 conversazioni che il cineasta ebbe con i grandi protagonisti della settima arte nazionale, da Rosi a Montaldo, da Pontecorvo a Monicelli, da Wertmuller a Cavani, da Giancarlo Giannini ai fratelli Taviani, a Claudia Cardinale (attrice su cui nel 2005 Felix Film ha prodotto un documentario di Stefano Mordini in co-produzione con Avro e Yle Teema, il corrispettivo della Rai nei Paesi Bassi ed in Svezia).
Una antologia intervallata da estratti di grandi capolavori frutto del sodalizio che ha legato Lizzani alle due sorelle Pettini, dal 1999 alla morte, nel 2013. “Un annus horribilis – ricordano – in cui morì anche nostro padre, si aggravò nostra madre e dovemmo affrontare una prova di vita inaspettata… Tra il 2014 e il 2021 abbiamo dovuto difenderci dall’accusa di aver sottratto denaro allo Stato; tutto è iniziato con un blitz dei carabinieri all’alba, sequestro dei documenti e molte udienze che si è poi concluso con la piena assoluzione. Non parleremo del perché è successo e tantomeno di chi ha causato tutto ciò, perché come sempre non c’è mai un solo responsabile, parleremo invece di chi non ha mai messo in dubbio la nostra integrità ed onestà, degli amici che ci hanno sostenuto ed aiutato anche economicamente e di quanto l’assoluzione piena ci ha restituito fiducia nella giustizia. Siamo state invitate a parlarne ma la nostra scelta è di non farlo per molte ragioni ma soprattutto per non enfatizzare qualcosa che non doveva accadere. L’unica ragione per la quale ne stiamo brevemente accennando è perché on line risultano ancora le accuse nella stampa diffamatoria e non l’assoluzione, ma per noi resta solo storia”.
La storia dell’incontro con il grande regista che ha cambiato la loro vita. “E’ stato grazie a Carlo Lizzani se abbiamo fondato Felix Film. In modo felicemente improvviso” ricordano Laura e Silvia Pettini, l’una nel 1999 alle prime esperienze come assistente di produzione e l’altra altrettanto giovane costumista e scenografa. “Nel 1998 l’Istituto Poligrafico dello Stato, con la sua costola Editalia Film, voleva produrre un documentario di Carlo Lizzani sulla storia di Luchino Visconti insieme alla Rai ma poi rinunciò – quando ormai il lavoro preparatorio era stato fatto – ed allora decidemmo di subentrare noi per portare a termine il progetto. Coraggio? Chiamiamolo piuttosto un’assunzione di responsabilità, retaggio certo dei nostri anni di scoutismo giovanile. Partimmo senza paracadute, senza storico d’impresa, con una esposizione bancaria di 750 milioni di vecchie lire. Ma in pochi mesi riuscimmo ad avviare una coproduzione con Arte Tv che iniziò così la sua collaborazione con la Rai. Iscrivemmo il film per la Mostra d’arte cinematografica di Venezia, la prima edizione con Barbera. Per noi due era come scrivere a Babbo Natale mentre a Lizzani non piacque che dovesse passare le selezioni in un festival di cui era stato direttore. Ovviamente il film andò al festival. Era il 1999 e, il giorno dopo l’anteprima veneziana, Rai 1 lo mandò in onda. Agostino Saccà non ci pensò due volte. E sebbene passato alle 23 di sera ebbe il 22% di share. Un esordio non certo facile quindi ma ricco di soddisfazioni.
Nel 2001 la produzione del documentario di Lizzani su Roberto Rossellini presentato in anteprima all’Auditorium del Louvre di Parigi. E al festival di Venezia tornammo con altri due suoi documentari, su Cesare Zavattini nel 2003 e su Giuseppe De Santis nel 2009, passati solo su Rai 5”. Altra importante presenza al festival lagunare di una produzione Felix Film, insieme ad Istituto Luce Cinecittà – nel 2017 – è stata “Barbiana ’65 – La lezione di Don Milani” che recupera integralmente ed in modo anche inedito gli unici filmati esistenti sul priore e la sua rivoluzionaria scuola di Barbiana, aperta agli esclusi, ai figli degli “ultimi”, girati da Angelo D’Alessandro (l’unico a cui don Milani, riservatissimo, permise di farlo) e recuperate ora dal figlio Alessandro. Il film, candidato, tra l’altro, nella cinquina finalista ai Nastri d’Argento Cinema del reale, evento speciale Onu per la Giornata Mondiale Giustizia Sociale, “gli esercenti ci hanno chiesto – cosa mai avvenuta prima e rara – di tenerlo in sala per 6 mesi. Non come adesso che i film fanno giusto tre uscite in sala per poi andare in tv. E’ passato per ora solo su Rai Storia per l’anniversario della morte di don Milani. Forse quest’anno che è il centenario della nascita…” proseguono Laura e Silvia Pettini guardandosi l’un l’altra.
Da I Soliti Ignoti a La Terra Trema, da La Ciociara a Sciuscià, da Riso Amaro al Gattopardo, i fotogrammi dei film che hanno fatto la storia dei cinema italiano, presenti nei documentari Felix Film passavano negli anni ’60 anche sullo schermo del cinema parrocchiale della chiesa Regina Pacis di Monteverde dove le piccole sorelle alimentano i loro primi sogni di celluloide (“con scomodissimi sedili in legno ed un banchetto di vendita di popcorn e girelle di liquerizia”).
A poche decine di metri dal palazzo in cui viveva la famiglia Bertolucci col giovanissimo Bernardo che, sostenuto dal vicino di casa Pierpaolo Pasolini, nel 1961 girò il suo primo film, nel parco della sua infanzia, Villa Sciarra, luogo caro anche alle piccole sorelle Pettini con “i viali ricoperti di glicini, c’erano dei cavallucci di legno che si muovevano pedalando e che si affittavano all’ingresso vicino agli archi per girare nei viali della villa; li ricordo faticosissimi, si pedalava con grande sforzo per percorrere brevi tragitti e si stava più fermi che in movimento, poi le fontane dove si pescavano i girini o si facevano navigare barchette di carta, i pavoni, il chiosco dei gelati, il tempietto che diventava un luogo da fiaba”.
La forte sorellanza – radicatasi nella permanenza nel quartiere romano di Monteverde dalla tenera età ad oggi: la venuta al mondo nella clinica Sacro Cuore a via Poerio (nel 1960 Laura Pettini è la prima bimba a nascervi), le scuole elementari dalle suore di via Rossetti, le medie alla Bixio, i giochi a Villa Sciarra, gli scout alla basilica di San Pancrazio, la casa-studio paterna condivisa (“continuare a vivere in questo quartiere è stata la scelta più semplice della mia vita. Continua ad essere così seducente da non rischiare mai di essere lasciato” dice Silvia) – è stata certo una marcia in più per tenere la barra a dritta negli anni in cui Felix Film entrava nel mare magnum della produzione cinematografica. Muovendosi su rotte ben precise. “Innanzitutto scegliamo il progetto su cui investire in base a quanto corrisponde a noi stesse – e del quale siamo anche coautrici – ed alle esigenze di un pubblico non solo nazionale. Partecipiamo così ai mercati internazionali lavorando già ai pre-acquisti con le tv estere, dal Canada alla Francia, dall’Australia al Sudamerica, oltre che sui fondi europei e possiamo affrontare l’esposizione di rischio del produttore a partire dallo stesso pitching. Le presentazioni di documentari come i nostri – composti da clip da film, foto e musiche – hanno costi elevatissimi per l’acquisto dei diritti, che incidono per più del 50% del budget. Spesso poi va fatta una caccia al tesoro tra i detentori sparsi anche tra diversi Paesi. Per questo investiamo per mantenere i diritti sulle nostre opere cosicché sia una periodica fonte di provento la loro distribuzione nel tempo. E oggi possiamo dire che questa esperienza, frutto di lunga gavetta, ci ha reso più forti rispetto ad altri. E’ essenziale poi il saper ascoltare e dialogare con il mercato. Il produttore deve considerare tanti aspetti, deve essere pronto a smontare e ricominciare, deve sapere negoziare. Credere nel confronto e nella crescita comune, una capacità che oggi, sembra andare perdendosi, specie tra i giovani. Eppure ce lo ha insegnato lo stesso Lizzani nelle sue conversazioni con i grandi del cinema. Lui stesso, i Taviani, Age e Scarpelli, Scola, Monicelli – e gli sceneggiatori Ugo Pirro, Rodolfo Sonego, Suso Cecchi D’Amico, Luciano Vincenzoni su cui stiamo preparando il documentario ‘Script Doctors’ – si vedevano con frequenza, alcuni andavano in osteria insieme, che fosse dai fratelli Menghi in via Flaminia o da Otello alla Concordia a via della Croce, si confrontavano, litigavano anche – tanto che delle mogli vietarono che si riunissero nelle loro case – ma erano amici sinceri. Zavattini aveva aperto la sua casa di via Sant’Angela Merici ai giovani. Ci andava anche Benigni… Oggi, forse per la velocità dei mezzi di produzione, forse per il crescente individualismo, c’è sempre meno volontà di collaborazione. Ma da soli non si arriva da nessuna parte”.
Un chiaro esempio del modo di lavorare di Felix Film è “Pitrè Stories” di Alessandro D’Alessandro e Marco Leopardi, del 2011, definito a chiare lettere “documentario di creazione sociale”. Ancora una storia di memorie, quella dei riti e dei costumi della Sicilia, la cui trama è tessuta da Nico Bonomolo, talento palermitano del cinema di animazione, attraverso i suoi ricordi d’infanzia legati al Museo etnografico di Palermo, creato dalla passione del medico ottocentesco Giuseppe Pitrè. Ed ora un nuovo e sfidante progetto vede Laura e Silvia Pettini concentrarsi, ancora con il regista Alessandro D’Alessandro, sulla riscoperta di Maria Beatrice Bugelli, più nota come Beatrice di Pian degli Ontani (1802-1885), pastora analfabeta dell’Abetone ma fine declamatrice di strambotti (accorsero ad ascoltarla letterati come Tommaseo, D’Azeglio e Fucini): “Un racconto tutto da costruire come nel nostro stile. Stiamo cominciando a prendere appunto contatti negli Usa ed in Inghilterra perché le poche tracce documentali su Beatrice si trovano alla Boston Public Library ed in Inghilterra grazie ai resoconti che ne fece Francesca Alexander”. Un modo anche per scoprire la figura di questa illustratrice americana, che salvò molti canti dei contadini toscani e che con i proventi del suo lavoro finanziava le mense per poveri a Firenze, sua città di adozione. Una filantropa che non può che affascinare le sorelle Pettini: mamma Marisa è stata da sempre volontaria del gruppo vincenziano della parrocchia Regina Pacis, che il sabato mattina accoglie decine di senzatetto nell’oratorio, impegno ereditato da Laura Pettini che ne è presidente e testato fortemente una trentina di anni fa dall’incontro con Chiara, barbona sulla cinquantina, giunta da Napoli. Era la bella stagione, lavava i vestiti a Villa Sciarra e li stendeva su una giostra. Finita l’estate, smontata la giostra, la famiglia Pettini la invita a stendere il bucato sulla sua terrazza. Poi, man mano, con quotidiana frequentazione, la convincono a lasciare la sdraio su cui dormiva in piazza Rosolino Pilo per abitare in una roulotte posizionata davanti alla parrocchia. “Da qui è iniziata la costruzione di relazioni per aiutare Chiara e poi tanti altri. Per Chiara, grazie a Chiara, si sono unite tante persone, nel tempo, fino ad oggi. Tante altre storie intrecciate alla sua hanno realizzato quella che oggi viene definita ‘accoglienza diffusa’. Oggi Chiara ha 85 anni e da 2 anni vive in una rsa vicino a Villa Carpegna. Una volta alla settimana viene accompagnata a Monteverde Vecchio a salutare negozianti, parrocchiani, amici”.