INCONTRI Guido Farinella: “Quei cento passi che dovremmo fare tutti”
La grande sfida di un piccolo editore monteverdino. La Pigreco Edizione di Guido Farinella ha pubblicato la biografia “Si Può si Deve” storia del Comandante Mario Ciancarella, protagonista sullo sfondo della strage di Ustica, di una odissea umana e giudiziaria senza precedenti con l’unico caso di falsa radiazione nella storia delle forze armate. di Marina Greco
“Non potevo ignorare la storia del Capitano Mario Ciancarella. Purtroppo si continua a farlo malgrado l’inaudita gravità della sua vicenda nella storia della Repubblica. A Mario vanno restituite la vita e la dignità che gli sono state sottratte. Quelle di un uomo che ha rischiato in proprio e continua a rischiare in nome della democrazia e della ricerca della verità. E poi la mia casa editrice è così piccola che non ha nulla da perdere… La decisione di pubblicare il libro non è stata facile, c’era il rischio di qualche ritorsione. Ma sono andato avanti seguendo l’esempio di coraggio e coerenza di Mario che considero un maestro. E sono così giunti riconoscimenti che mai avrei immaginato e non solo, anche la costruzione di ponti umani che auguro a tutti e che hanno restituito, dopo 46 anni, legittimazione e affetto al Comandante Mario Ciancarella da parte dei familiari delle vittime della controversa strage del Monte Serra. Recentemente con il libro di self-help ‘Un anno per salvarti la vita’ scritto dalla counselor Patty Dresti con la consulenza della write coaching Chiara Cusani, ho inaugurato la collana sulla psicologia e la crescita personale che si chiama Salva Vita. “Si Può si Deve” è la seconda biografia della collana inaugurata da ‘Avrai non avrai’, la storia di Pushpa Manickam, un’eroina venuta dallo Sri Lanka, che mi ha dimostrato come l’accoglienza sia portatrice sana del principio della fortuna. È come se l’universo fosse in ascolto. Dare e fare per gli altri innesca il cambiamento”.
Guido Farinella, dalla sua casa-studio che affaccia su Villa Pamphili, ricorda l’incontro nel 2019 che ha cambiato la sua storia e quella di Pigreco Edizioni con la coraggiosa decisione di pubblicare “Si Può si Deve – L’ufficiale democratico che ha sfidato l’infedeltà di Stato”, segnalato al Premio Viareggio Repaci 2024, targa d’onore per l’impegno civile attribuita all’autore ed ora nella cinquina del premio Alessandro Leogrande, dedicato al giornalismo narrativo di inchiesta. L’autobiografia di un roccioso difensore dei diritti costituzionali che nel 1978, da giovane capitano dell’Aeronautica Militare a Pisa, fu pioniere dell’affermazione dei diritti sindacali nelle forze armate e dopo aver raccolto la più sconvolgente delle testimonianze sulla strage di Ustica – quella del radarista Mario Alberto Dettori che sarà trovato impiccato nel 1987 -, ne divenne implacabile sostenitore (insieme al colonnello Alessandro Marcucci, morto nel 1992 in un anomalo incidente aereo) entrando così nelle spire di una odissea giudiziaria che dura tuttora. Odissea in cui il Comandante Ciancarella riuscì a salvare la vita (è stato più volte minacciato di morte così come la sua famiglia) denunciando le responsabilità dei vertici dell’Aeronautica militare e di alcuni diretti superiori. “Se mi fosse accaduto qualcosa avrebbero saputo da chi andare” ha sempre affermato mentre il giudice del disastro di Ustica, Rosario Priore, lo definirà “inconsapevole apportatore di elementi inquinanti”, formula che ha impedito di poter approfondire la sua versione a livello investigativo. Una odissea che gli fece subire le umiliazioni di arresti per insubordinazione, (nella sua carcerazione a Forte Boccea venne anche violentato), innumerevoli denunce (per calunnia) e conseguenti processi da cui uscirà sempre assolto (come i ben 5 sulla morte del paracadutista Sceri). Ed in tutto questo la “sublime complicazione” di cui parla Giovanni Maria Flick nella prefazione del libro: la radiazione nel 1983 dall’Arma Azzura con un decreto sui cui era apposta la firma dall’allora capo dello Stato Sandro Pertini di cui Ciancarella riuscì ad ottenere una copia (l’originale è introvabile) solo nel 1992, dopo la morte del presidente-partigiano. Scoprendo che la firma appariva volgarmente falsificata. Eppure Ciancarella ci metterà 15 anni per trovare un perito calligrafico disposto a provare questa incredibile anomalia e ben 18 per un avvocato difensore che lo sostenesse nella sua causa che porterà alla sentenza definitiva del 2016 del Tribunale di Firenze. La firma per la giustizia italiana era quindi falsa, ci si trova davanti a un vero e proprio “golpe in carta bollata” ma il reintegro richiesto dal Capitano e che sarebbe dovuto essere un’azione spontanea dell’Amministrazione, non viene accettato dal Tar per superamento dei tempi del ricorso.
“La biografia dell’ufficiale democratico Mario Ciancarella solleva dubbi inquietanti, pone domande serie, drammatiche; fa emergere contraddizioni e scenari preoccupanti. Il libro non racconta soltanto una drammatica storia personale, è una denuncia finora gridata nel deserto, che dovrebbe turbare e interessare tutti” scrive nella prefazione del libro l’ex guardasigilli e presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, co-difensore con il professor Bertolini della causa del Comandante Ciancarella al Consiglio di Stato. L’associazione delle famiglie dei 38 cadetti e dell’ufficiale caduti nella strage del Monte Serra il 3 marzo 1977 (le cui responsabilità omesse Mario Ciancarella, testimone diretto del depistaggio, ha sempre denunciato) pochi mesi fa ha chiesto al Quirinale e al ministro della Difesa “di portare finalmente a compimento il reintegro del Capitano Ciancarella, completando un atto dovuto tanto a lui quanto alle Istituzioni stesse altrettanto offese, come tutti noi, da questo falso”. “Impossibile pentirsi” le parole pronunciate dal Comandante Ciancarella davanti alla commissione disciplinare prima che il tritacarne dell’antistato cominciasse a macinarne l’esistenza. Il Capitano Ciancarella entra consapevolmente in un campo minato e capisce che l’unico modo per salvarsi è andare avanti. Che si poteva farlo ma anche che si doveva. Trovando così anche la forza di rialzarsi e diventare un libraio, a Lucca, sostenuto dalla moglie, dai tre figli e da realtà coraggiose come l’associazione antimafia Rita Atria con cui Mario Ciancarella fa aprire peraltro le indagini sulle morti di Dettori e Marcucci per presunto omicidio.
“La vita è un insieme di eventi che, come punti, si collegano man mano tra loro per comporre un cammino unico. C’è chi lo chiama destino… Stavo cercando materiali sul fondatore dell’Itavia, altra incredibile storia di un imprenditore deciso a contrastare il monopolio aereo di quegli anni e portato sul lastrico dalla strage di Ustica ed arrivai a Mario Ciancarella. Quando lo andai a trovare e ne ascoltai il racconto mi misi a piangere” confessa Guido Farinella. “Mi sono calato negli ultimi istanti di vita delle 81 vittime, dei bambini… Sono stato travolto dal dolore non solo di quella ma di decenni di stragi, violenze, sopraffazioni, dalla storia dilaniata della mia terra, la Sicilia, di cui ho raccontato nel romanzo inedito “Siciliano”. Mario Ciancarella mi ha dato un manoscritto di 1000 pagine in cui narra il suo inferno, ci sono voluti 4 anni per ridurlo alle 300 di “Si può si deve”. Una testimonianza eccezionale di un uomo che per tutta la vita ha combattuto la corruzione che avvelena le nostre istituzioni. Mario dice che oggi, a 73 anni, ormai è un nonno che non ha paura di morire. La verità sui fatti denunciati da lui e dagli altri militari del movimento democratico resta inquinata dai depistaggi. Ma sono speranzoso che questo libro possa almeno risarcirlo del male subito, possa porre le basi della Storia che verrà scritta e che renda anche più consapevoli dei rischi cui siamo tutti esposti. La democrazia va difesa ogni giorno, facendo delle scelte, rinunciando all’indifferenza. L’eroismo non è per tutti. Spesso dipende anche da particolari situazioni di vita. Si arriva a dei bivi su cui ci si ritrova a scegliere. Come fa Peppino Impastato nei suoi 100 passi. Andare avanti sapendo che nulla sarà come prima o tornare indietro?”.
Riflessioni che Guido Farinella ha affidato alle lunghe passeggiate nei viali di Villa Pamphili, mentre un ciottolo, un frusciare di alberi, un grido d’uccello lo trasportava nel ricordo ai sentieri del parco della sua infanzia, le Madonie (è nato nel 1973 a Petralia Sottana sede del parco naturalistico tra Palermo e Catania). L’editore abita a Monteverde Nuovo dal 2005 e di recente si è trasferito in un appartamento che affaccia sul parco. Un quartiere scelto insieme alla compagna, che lo ha improvvisamente lasciato per un malore fulminante nel 2023, mentre festeggiava con tanti amici il suo 50mo compleanno. “Lo avevamo scelto perché è tra i quartieri di Roma in cui è possibile esprimere il proprio amore per la natura. Non palazzoni ma piccoli condomini, tanti alberi e appunto questo grande parco. Quando ho delle telefonate da fare le programmo tutte di seguito e vado a farle a Villa Pamphili… Ho anche pensato a comprare un tavolino, una sedia e a piazzarmi lì, sotto un albero, con la scritta Pigreco Edizioni. L’editore nel parco, farei notizia! E magari si darebbe una scossa culturale al quartiere. 150mila abitanti, una vera città ma neanche un cinema, nessun luogo pubblico di incontro, è assurdo… Il mio amico Antonello Silverini, illustratore, anni fa ebbe l’idea, purtroppo non realizzata, di creare una cooperativa per aprire un cineclub a Monteverde Vecchio. Ci vorrebbero tante esperienze sparse per la città come quelle dei ragazzi del cinema America. Iniziative di aggregazione che coinvolgano attivamente le persone, che fermino l’inerzia culturale, combattano l’omologazione e la mercificazione. Andrebbe riavvolto il tempo per tornare al fermento creativo degli anni ’70, a prima del 1980 che considero uno spartiacque nella vita culturale del nostro paese. L’anno in cui dissero a Fellini che i suoi film sarebbero stati trasmessi sui canali Mediaset con interruzioni pubblicitarie ogni 15 minuti. Il maestro ne era sconcertato, arrivò a sentirsi male per lo scempio della sua arte. Ma per fare questo è necessario elevare il livello culturale della popolazione, trasmettere l’amore per lo studio, per i linguaggi dell’arte, eliminare le caste che soffocano talento e innovazione. L’ho visto bene nel cinema italiano ad esempio che è guidato da logiche di interesse e di potere, dove il merito non viene promosso e dove spesso il pubblico fatica a capire un buon film.
Alla scuola Holden di Torino dove agli inizi degli anni 2000 seguii un master in tecniche della narrazione (nel mio corso ricordo Alice Rohrwacher, lo storico Carlo Greppi, la scrittrice romana Francesca Bertuzzi, il giallista Fabiano Massimi) da Suso Cecchi D’Amico ebbi un grande bagno di realtà. Ospite di una masterclass per sceneggiatori, eravamo un centinaio ad ascoltarla e ci disse che nel cinema che si andava facendo strada ci sarebbe stato posto solo per 7-8 di noi. La mia tesi del Master, Funamboli, nel 2003vinse un concorso per soggetti cinematografici venendo pubblicato nella rivista Affabula readings. Dopo alcune esperienze produttive a dir poco faticose, a causa di un sistema di attribuzione dei contributi pubblici disfunzionale, ho preferito dedicarmi ai libri come curatore editoriale ed editore. Inizialmente solo di testi universitari ed ora con questo nuovo corso di biografie e testi di crescita personale e psicologica che promette di ampliarsi”.
La celebre scena dei 100 passi che ha dato il nome al film di Marco Tullio Giordana, Guido l’ha vista girare. Nel ‘99 era sul set come assistente alla regia quando Luigi Lo Cascio, interprete di Peppino Impastato, gridava la sua rabbia contro l’omertà mafiosa. I 100 passi che dividevano la casa del padre da quella del boss Tano Badalamenti dovevano essere percorsi, urlava il giovane attivista, non piegandosi sotto il giogo alla violenza ma a testa alta nel segno della libertà e del riscatto. Parole che nel 1978 Cosa Nostra credette di silenziare uccidendo Peppino ma che invece continuarono a rimbombare coagulando le forze dell’antimafia e con essa un fiorire di iniziative civiche e culturali che nella metà degli anni ’80 presero il nome di “primavera di Palermo”, sostenendo l’azione dei magistrati del maxiprocesso ed elevando il martirio di Falcone e Borsellino a valore fondante. Loro, come Peppino Impastato, guide per chi crede che una repubblica salda nei propri principi sviluppi gli anticorpi necessari a fronteggiare l’infezione malavitosa e anticostituzionale, annidata nei suoi stessi gangli vitali. Infezione che si è manifestata come disegno eversivo con una impressionante stagione di uccisioni, stragi e depistaggi finalizzati a conseguire gli obiettivi di potenze straniere infiltratesi nelle istituzioni italiane e nei nostri servizi di sicurezza tramite uomini smaniosi di potere e con sentimenti antidemocratici. Questi in combutta con organizzazioni terroristiche, mafiose, logge massoniche devianti come la P2 hanno sistematicamente eliminato qualsiasi italiano, di qualsiasi categoria professionale che ostacolasse i loro sordidi obiettivi di controllo della nostra democrazia. Il numero di professionisti uccisi nel nostro paese, che lavoravano per un genuino progresso positivo e una democrazia tanto sana quanto reale, non ha pari al mondo. Tutte riflessioni che hanno accompagnato negli anni la maturazione della coscienza civile dell’editore Guido Farinella.
Del set dei cento passi Guido – che è stato anche assistente alla regia per Palermo Shooting di Wim Wenders del 2008 (“il film più brutto del maestro perché il talento non si può imbrigliare” ammette) e de “Il regista di matrimoni” di Marco Bellocchio del 2006 – ha un gustoso aneddoto: “Marco Tullio Giordana – che da 5 anni non lavorava dopo aver girato ‘Pasolini. Un delitto italiano’, film che probabilmente rischiava di interrompere la sua carriera – venne scelto coraggiosamente dal produttore Fabrizio Mosca. Solo che all’avvio delle riprese, con una troupe di 60 persone già pronta non aveva ancora trovato il protagonista di Peppino Impastato, malgrado i tanti provini fatti. Allora uno degli attori, Luigi Maria Burruano, che nel film interpreta il padre di Impastato, suggerisce a Giordana il nipote, Luigi Lo Cascio, che assomigliava molto a Impastato, e il regista decide di scommettere su questo attore che finora aveva fatto solo teatro.
L’inizio delle riprese fu complicato: La recitazione di Luigi Lo Cascio, non abituato ai tempi di un set cinematografico, molto diversi da quelli teatrali, non convinceva per nulla, non era quell’interpretazione sanguigna del personaggio che abbiamo ammirato sul grande schermo. Marco Tullio Giordana dimostra di essere un regista in grado di dirigere gli attori in modo strepitoso: al secondo giorno di riprese si chiude in una stanza con Lo Cascio e in maniera decisa quasi brusca gli fa capire che se non avesse iniziato a recitare come richiesto le riprese non sarebbero proseguite e avrebbe bruciato la sua grande occasione. Il film sarebbe finito quel giorno. Ovviamente bluffava. Da quel momento Luigi Lo Cascio mostrò il suo grande talento che porterà enorme fortuna ai Cento Passi, premiato al Festival di Venezia, e alla sua carriera”. Grazie all’esperienza del cinema Guido Farinella ha sviluppato una sensibilità documentaristica. “Porrajmos – Il grande palcoscenico” è dedicato alla Stage Orchestra di Moni Ovadia che offre una concreta suggestione dell’intreccio millenario tra cultura gitana ed ebraica nella eco dello sterminio nazista e sullo sfondo del degrado dei campi rom odierni. È visibile nella sezione Pigreco Documentary nel sito web della casa editrice. Ora è in lavorazione una versione documentaristica del libro “Si Può, si Deve” che si chiamerà “Punto Condor”, dal nome di quel punto nel cielo di Ustica visibile solo ai radar militari ed esattamente dove il Dc9 dell’Itavia, il 27 giugno 1980, venne squarciato da un missile uccidendo 81 persone, tra cui 13 bambini.