Raffaella Leone
Grazie. Grazie al governo e al parlamento italiano, grazie ai volontari al confine con la Polonia che le hanno accolte, rifocillate, confortate dopo un estenuante viaggio, grazie a tutti per aver offerto ospitalità e accoglienza. Anastasia, Caterina e Lina – che non vuole essere fotograta- sono tre giovani profughe ucraine. Vengono da Karkif, città pericolosamente vicina al fronte della prima avanzata russa -‘sentivamo esplodere le bombe, sempre più vicine’- e primo tragico teatro delle atrocità dell’invasione. Sono in Italia dal 3 marzo (l’esercito russo ha invaso l’Ucraina nella notte del 24 febbraio) grazie all’aiuto di un medico italiano. Sempre insieme durante la fuga, ora vivono a Monteverde, in un appartamento messo a disposizione da una generosa famiglia romana.
‘Perchè ci hanno invaso? Me lo chiedo ogni giorno, e proprio non capisco’, si tormenta Anastasia, lei che parla anche il russo, come del resto le sue compagne , fino al 2014 era normale, lo si studiava a scuola, poi Mosca ha avviato la guerra di conquista nel Donbass e Kiev ne ha vietato l’insegnamento.
Nonostante i segnali minacciosi, non si aspettavano l’attacco. ‘Il mondo intero sapeva che ci sarebbe stata una guerra, tutti ne parlavano, ma solo gli ucraini non ci credevano fino all’ultimo’. Caterina comunica con Mariangela tramite messaggi dall’ucraino in italiano, aggiungendoli alla traduzione in inglese di Pascale, preziosa collaboratrice di Monteverde Solidale, l’associazione che con i corsi di italiano per stranieri porta avanti il progetto del ‘Cantiere di cittadinanza’ in collaborazione con la Tavola Valdese. Sui perchè dell’invasione, Caterina ha le idee chiare: ‘c’è la possibilità che la Russia abbia attaccato l’Ucraina per portare via terre fertili, miniere di sale e carbone e altre risorse importanti per la Russia. Ma anche il sovrano della Russia- così lei definisce-Putin è impazzito e nessuno può sapere esattamente le ragioni, dal momento che nessuno è in grado di entrare nella testa di un malato’.
Anastasia è segretaria, Caterina e Lina lavorano online, così si guadagnano i soldi per fare la spesa e tirare avanti. E cercano di resistere allo sconforto e alla nostalgìa per la loro terra, così ricca di storia e di una millenaria cultura. Vorrebbero tornare a casa, ma sono le prime a rendersi conto che non succederà presto, non credono nemmeno che le sanzioni decise dall’Europa serviranno a convincere Putin a deporre le armi. ‘Quanto resteremo? Forse un altro mese, forse un anno, forse sempre. Chissa’.
L’immagine del titolo è uno dei lavori realizzati dagli studenti della scuola Oberdan di Largo Ravizza ed è esposta nel teatro dell’istituto.