di Fabio Funiciello
Per parlare del nostro quartiere abbiamo scelto una chiave di lettura differente. La via dell’intervista. Abbiamo scelto di intervistare Alessandro Calizza giovane artista nato e cresciuto a Monteverde Vecchio. Attualmente si è trasferito a San Lorenzo dove ora ha il suo studio e la sua abitazione. Alessandro ha un gemello Edoardo che insegna all’Università degli Studi La Sapienza e che intervisteremo in seguito .
Generalmente Monteverde Vecchio non viene dipinto come un quartiere che favorisce i giovani. Invece vogliamo dimostrare che ci sono giovani che si stanno affermando nei più diversi campi proprio partendo da qui.
Monteverde Vecchio per Alessandro è stato una palestra di vita, un po’ come un nido. Mantiene contatti con la sua famiglia che vive ancora qui, qui sono i suoi luoghi di ritrovo come Villa Pamphili, San Pancrazio, il Gianicolo, che per i giovani a volte risultavano un po’ stretti e costringevano a guardare ad altri orizzonti come la scena hip hop USA.
Ci racconta la sua vita e le sue esperienze passate e le prospettive future. A noi interessa vedere come da un’isola felice come Monteverde Vecchio si sono potuti realizzare i propri “sogni e idee” , riuscendo piano piano a focalizzare quale fosse la vocazione della propria vita. Perché Alessandro pur essendo giovane -ha 36 anni- ha avuto tante vite e ha avuto tante metamorfosi prima di diventare l’artista che è ora.
Prima di capire che l’arte pittorica fosse la musa della sua vita ha attraversato diversi sentieri, alcuni interrotti, altri che si sono integrati con la sua attuale attività di artista. Un percorso di vita che è ancora in fieri e può essere un esempio di come ,anche se si cambia obiettivo, si riesce poi a trovare la musica della propria esistenza. Per lui è l’arte – ognuno di noi ha la sua chiave da trovare ,il problema è trovare la serratura giusta.. Così Alessandro offre una piccola chiave di lettura di Monteverde Vecchio. E’ nato qui, ha vissuto i nostri luoghi e piano piano è spiccato verso altri lidi senza mai dimenticare le sue radici. Perché Monteverde Vecchio è come un grande amore è difficile da dimenticare, ti lascia il segno.
Di che cosa ti occupi?
Principalmente il mio lavoro si concretizza in tele, sculture o installazioni. Dopo un primo studio a Monteverde, in via Ludovico Albertoni, nel 2010 ho spostato il mio studio nel quartiere di San Lorenzo, dove attualmente vivo e lavoro. Dal 2004 sono un volontario dell’Associazione Energia per i Diritti Umani con cui portiamo avanti progetti di cooperazione internazionale in Senegal, Gambia ed India, oltre che attività ed iniziative dedicate alla nonviolenza ed alla multiculturalità qui in Italia.
Che rapporto hai con il quartiere? In educazione si parla di ambiente educativo. Ha avuto influenza su di te?
Senza dubbio l’ambiente in cui si cresce è determinante per la propria formazione e le esperienze vissute a Monteverde hanno influenzato il mio carattere ed il mio modo di essere, di conseguenza quindi anche le mie opere. Essermi poi trasferito a San Lorenzo, quartiere diverso da Monteverde sotto ogni aspetto, mi ha dato modo di comprender meglio i forti contrasti, le forti contraddizioni ma anche la grande vitalità e ricchezza di una città come Roma.
Quali sono i luoghi e le esperienze che a Monteverde Vecchio hanno lasciato “tracce” nel tuo percorso ?
La nostra infanzia passata in una famiglia splendida e tra le giostre di Villa Sciarra e Villa Pamphili, non poteva essere migliore. Poi nell’adolescenza le esperienze vissute nel quartiere sono state a volte splendide a volte complesse e non proprio esaltanti. Ricordo l’arrivo del rap e dei graffiti in Italia e noi tredicenni a cercare di fare nostra tra le vie del quartiere con spray e vestiti larghi una cultura d’oltreoceano; momento in cui ho iniziato a capire quanto arte e cultura potessero e dovessero essere uno strumento di analisi e critica della realtà che ci circonda, cosa che è ancora oggi alla base di tutto il mio lavoro.
Monteverde Vecchio è un’isola felice all’interno di quel grande paese a “ghetti contigui” come dice il filosofo Giacomo Marramao. E’ percepito come isolamento oppure è stato un ponte?
Purtroppo credo che a Monteverde Vecchio da un punto di vista sociale e culturale, salvo casi isolati, ci siano pochi “contenitori” e ancor meno “contenuti”. Questo porta con sé il rischio che i giovani si ritrovino in assenza di stimoli validi e positivi attraverso cui formare il proprio sguardo sul mondo; e nel generare mostri la noia è pericolosa tanto quanto il sonno della ragione.
Monteverde è uno dei balconi di Roma a volte si può rimanere ad ammirare a volte si può scendere e sporcarsi le mani?
Questo vale un po’ per tutti. Quando si vive una realtà differente da quella che vorremmo per noi e per gli altri si hanno due scelte: si può restare a guardare le cose da lontano in maniera rassicurante e confortevole, o decidere di prendervi parte provando a determinarla nella maniera che si ritiene migliore.
Come hai deciso di intraprendere il tuo percorso? Quali sono state le tappe per arrivarci?
E’ difficile dire cosa significhi essere un artista. Per quel che riguarda il mio percorso è nato inizialmente da una necessità, decisamente poco consapevole all’epoca, di voler esprimere il mio punto di vista sul mondo ed affermare la propria esistenza e la propria inquietudine; necessità che dopo anni impegnati in altro ho deciso (ma non avrei potuto fare altrimenti) di assecondare, dedicandole ogni attimo del mio tempo. Fortunatamente poi i riscontri e i riconoscimenti ricevuti mi hanno dato il coraggio e l’entusiasmo per rendere tale scelta anche la base del mio percorso professionale.
Gli studi hanno influenzato il tuo percorso e hai avuto altre esperienze , lavorative e non?
Gli studi scientifici e l’esperienza tutt’altro che esaltante del Liceo Morgagni mi hanno convinto che non fosse la mia strada. Il D.A.M.S. mi ha fatto innamorare dell’arte e della cultura in generale, mostrandomene la potenza e la bellezza. L’aver organizzato per anni importanti concerti e eventi culturali e fondato e diretto (con Daniel Mendoza, Viviana Rossi e Riccardo Morandi) una rivista di musica e cultura Hip Hop invece, grazie all’incontro con decine di artisti o presunti tali, mi ha fatto capire quanto l’arte e la cultura possano essere sia uno strumento molto valido, sia inutili esercizi decorativi senza alcun significato o valore sociale e politico.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Ho diverse esposizioni inizialmente previste nei prossimi mesi a Roma Terni ed in Sicilia, che sono state sospese a causa della pandemia in corso. Spero di poter tornare presto a dedicarmi a queste e di realizzarle come previsto inizialmente. Sto poi iniziando la produzione di una serie di stampe open edition dei miei lavori e l’idea è quella di organizzarne la distribuzione in tutte le principali città europee.
[Le immagini che illustrano il testo sono di opere realizzate da Alessandro Calizza]