Raffaella Leone
Prima o poi arriva il momento amaro di riconoscere una sconfitta, e per i partecipanti al dibattito ‘Come uscire dalla sindemia e ripensare al servizio sanitario? Riflessioni, esperienze, percorsi di lotta’ -ospitato da Renoize -il momento è arrivato in un caldo pomeriggio di inizio settembre. Nel parco Schuster ,al lato della basilica di San Paolo fuori le mura, si sono sentite autocritiche, constatazioni di un misero bilancio di lotte pluridecennali, interrogativi su ‘dove abbiamo sbagliato’ e, questo sì, anche la voglia di non scrivere la parola fine, semmai andare avanti più accortamente grazie all’esperienza accumulata. E insieme a questo c’è stata la constatazione altrettanto amara ( anzi di più, per chi ci crede) di un tradimento della politica e di chi ci amministra, una politica che ha dimostrato di essere sorda e lontana dalle richieste dei cittadini.
Due casi emblematici, e tra loro opposti: l’ospedale Forlanini e il Santa Maria della pietà. Entrambi edifici storici, degli inizi del Novecento, entrambi situati in parchi di gran pregio, entrambi al centro di un pluridecennale tira e molla sul possibile utilizzo, con le varie amministrazioni. Diversi invece gli obbiettivi delle mobilitazioni dei cittadini. Nell’ex ospedale psichiatrico chiuso dopo la legge Basaglia, il quartiere vorrebbe un polo culturale e di attrazione turistica, come in parte era ( gli ostelli pubblici sono stati smantellati dopo pochi anni dalla costruzione, l’ex lavanderia, centro di incontro , è stata sgomberata nei mesi scorsi) ma neanche la più recente indicazione proveniente dai vari uffici regionali e comunali fa chiarezza.
All’opposto, da anni il Coordinamento dei comitati e delle associazioni per il Forlanini bene comune si batte per riportare l’ospedale alla funzione sanitaria, fosse pure una Casa della salute e una Residenza Sanitaria Assistita che, alla fine di una trattativa sfibrante ,la Regione proprietaria dell’immobile e della potestà di dettare gli indirizzi generali in materia di sanità aveva, bontà sua, proposto. Ma un fantasma si aggira sul Forlanini: quello di un non meglio specificato Tecnopolo (sarebbe il terzo nella città metropolitana), di cui esiste il nome, Tecnopole, ma nessuna traccia nei documenti ufficiali della Regione. A meno che non si voglia considerare documento ufficiale una dichiarazione del presidente Zingaretti agli inizi di luglio.
Casi diversi, con una propria storia ed evoluzione. Tra un concerto e quello successivo, il dibattito ha tempi contingentati e una organizzazione basilare: i vari rappresentanti delle associazioni e comitati di quartiere si passano il microfono, raccontando la propria esperienza. C’è Giuseppe Evangelista, ‘voce’ di Riapriamo Villa Tiburtina. Racconta: c’era una buona notizia- ogni tanto capita- comunicata agli inizi di luglio dal direttore del IV distretto nonché incaricato dal ministero della salute, ovvero l’intenzione di di realizzare una casa/ospedale di comunità a Villa Tiburtina o in alternativa in un altro edificio pubblico del quartiere, utilizzando i fondi del PNRR ( parolina magica su cui Draghi farebbe bene a sorvegliare, vista la frequenza con cui viene usata) . Più che altro una promessa, ma poteva bastare dopo la caterva di sollecitazioni cadute nel vuoto. A distanza di 2 mesi, non se ne sa più niente. ‘Avremmo dovuto coinvolgere di più i cittadini, far capire meglio l’importanza di un ospedale nel quartiere’, si rammarica ora Giuseppe, ma non cede e insieme all’associazione invita all’assemblea cittadina convocata per il 18 settembre.
Si spazia dai consultori che non ci sono più o se ci sono diventano appannaggio degli obiettori di coscienza alle preoccupazioni di Medicina Democratica per i fondi destinati alla sanità ,all’ambizioso progetto di Società della cura di unire diverse associazioni in una rete che rafforzi il movimento. E’ sera, il prossimo concerto incombe, l’incontro si scioglie con un senso di sconforto che neanche la musica riesce a dissipare.