“La scuola non è chiusa, io a casa, solo in una stanza, preparo la didattica a distanza”
La testimonianza in prosa/poesia di un docente dell’Istituto Federico Caffè
di Vincenzo Valentino
Vade retro, virus!
Al parassita sono versus.
L’emergenza chiede il giusto verso.
Andrà tutto bene, ho scritto sul balcone,
a far paura basta la televisione,
anche se un esperto affetto da ignoranza
ha detto che è poco più di un’influenza.
Sul divano mi duole un po’ la schiena,
spero non sia un avviso di corona.
Docenti e studenti, mai così vicini,
mai così lontani
perché la scuola non è chiusa,
solo la didattica è sospesa;
anch’io resto a casa, intanto
solo in una stanza
preparo la didattica a distanza.
Chiedo lumi al webmaster,
l’enigma è da sciogliere su browser.
Devo usare Skype o Jitsi?
O convertirmi a Zoom e a Meet?
Con l’arrivo del vibrione
si è capovolta la programmazione.
Mi metto in situazione
e tralascio per un po’ Napoleone.
Potrei mescolare Tucidide e Manzoni
o raccontare del Decamerone
e abbinarlo alla peste di Camus
per approfondire la questione.
Pronto con la connessione,
mi appresto a declamare la lezione.
Ho deciso di cominciare dalla “spagnola”,
un’epidemia che ha fatto scuola.
Dopo il silenzio dei cannoni
sono morte milioni di persone
ma per i sani è andato tutto bene.
A parte un perdurante mal di schiena,
la noia non la sento, ho la giornata piena.
Frattanto i versi di Dante escono di stanza,
detti per occupare la vacanza;
ma in assenza, dell’Inferno, cosa giunge?
La sostanza o l’apparenza?
Agli studenti do avvertenze spassionate:
siate cauti quando vi incontrate.
Da ieri si può uscire con cautela
per andare dalla parentela;
è consentito anche l’amore
purché sia stabile e sicuro,
ma una cosa non è chiara:
l’amante fuori dal quartiere
lo si può incontrare
se non è un congiunto regolare?
Ma la norma è pubblicata:
tenersi a due passi per le strade.
Nel bel paese dei poeti e delle fate
sono vietate le unioni ingiustificate,
solo le rime possono essere baciate.
Vincenzo Valentino, 5 maggio 2020