di Vincenzo Valentino
A voi posteri del duemila e cento
lascio questi appunti del secolo corrente.
A due lustri dal Referendum
l’acqua ancor si vende
con la complicità del medium.
Ventisette milioni di sì per dire no,
no, profittare dell’acqua non si può,
no speculazioni sul Tevere e sul Po.
Zanotelli e Bersani lo hanno scritto:
l’accesso all’acqua è un diritto,
non merce da profitto.
Chi di chimica ne sa un po’
la scrive con la formula H2O.
Alla vita l’acqua è necessaria,
come la gravità e l’aria.
Per Talete è il principio del mondo.
La beve la persona previdente
ma anche lo sprecone deficiente.
È usata per l’igiene, con frequenza differente.
Elemento essenziale e nutriente
ci si lava, la si beve,
disseta come niente,
cura il corpo e la mente.
Da che la Terra è rotonda
nei mari e nei fiumi l’acqua abbonda.
Il vino bianco e tinto,
il sangue ne contiene tanta.
Sgorga dalle fonti e scorre dai monti,
è nutrimento di ogni pianta.
Perché, allora, in questi tristi tempi
le aziende
fanno propria una falda, una sorgente?
È una domanda a cui non rispondo
che invio a voi del nuovo mondo.
King sognava un’umanità senza livore,
io sogno un rubinetto senza contatore.
Ciò che riterrete ingiusto e innaturale
ai gestori oggi sembra pratica normale,
raccogliere la pioggia battente
e venderla al miglior offerente.
Lo ha stabilito una legge nazionale.
Che vita ci darà codesta scienza?
A voi la semplice sentenza!
Io non dico niente,
mi auguro che la smania dei potenti
di privatizzare gli elementi
sarà per i posteri un’emerita scemenza.