C’era una volta una scuola, e per ora c’è ancora,
una bella scuola situata su un’altura,
dalla quale, non lontano, sorge la Città del Vaticano.
In questo luogo fresco e ameno,
più di mille persone,
tra studenti, insegnanti e affini
giungono a piedi, con l’auto o con il treno.
Ogni dì si ritrovano tra i banchi, vicini,
per studiare in modo piacevole e sereno.
Tutto è rimasto tale,
fino al giorno in cui le autorità locali
durante le vacanze di Natale,
dopo la venuta di Gesù bambino,
hanno cambiato destinazione alla struttura,
impegnandola a vendita futura;
per uno strano giro di affari
hanno stabilito che sarà ceduta
per farla diventare un ospedale.
Impresa meritoria, per carità, cristiana,
però noi ci chiediamo:
la scuola dove andrà a finire?
Lo sanno o no i funzionari capitali
che, trasferendola altrove,
la scuola rischia di morire?
A questi signori, da cittadini preoccupati domandiamo:
perché penalizzare l’istruzione?
Perché scegliere tra due buone azioni?
Per curare i bambini non ci sono altre ubicazioni?
Ora, tra tanto dire di consiglieri e assessori
noi dubitiamo:
questa incerta novella come andrà a finire?
Nell’attesa, non demordiamo e auspichiamo il lieto fine.
Ben venga la convivenza dei due attori, senza vinti e vincitori.
Il che vorrebbe dire, per la scuola
continuare a funzionare nella sua sede attuale
e al contempo trovare posto al polo ospedaliero
in luogo più adeguato, e senza disturbare.