Il sindaco Gualtieri ha annunciato a sorpresa- non è previsto nel piano regionale rifiuti- la realizzazione, entro la fine della consiliatura , di un termovalorizzatore per scongiurare il ripetersi dell’emergenza rifiuti già più volte sperimentata in questi ultimi anni nella Capitale. Molte le reazioni contrarie- durissima quella di Legambiente Lazio- ma secondo un sondaggio della società di ricerche Izi pubblicato dal Corsera nelle pagine di Roma il 55,6 % è favorevole all’impianto se verrà realizzato con le dovute garanzie di tutela della salute e dell’ambiente, il 10% dice sì in ogni caso. In questa intervista Maurizio Melandri spiega approfonditamente le ragioni del no. Domande di Raffaella Leone
Maurizio Melandri, ambientalista esponente del Comitato Malagrotta
1) Considerato che non viviamo ne La città del sole di Tommaso Campanella e che non è alle viste una rivoluzione culturale e sociale nei comportamenti collettivi, è utile opporsi alle proposte nuove in materia di smaltimento dei rifiuti?
Prima di cominciare, a scanso di equivoci, chiarisco che mentre il Sindaco parla di Termovalorizzatori usando un artificio linguistico, un eufemismo, io preferisco chiamarli per quello che sono: Inceneritori.
A questo proposito e per non ripetermi suggerisco un mio precedente articolo su questo giornale: https://www.quimonteverde.it/con-lemergenza-rifiuti-ha-senso-dire-ancora-no-ai-termovalorizzatori/
Mi permetta di obiettare subito, già dalla prima domanda a due termini che ha usato: «proposte nuove» e «smaltimento dei rifiuti». Proposte nuove non ne vedo proprio anzi, si è fatto, o almeno ci si propone di fare un bel salto all’indietro di una ventina di anni almeno. Faccio un esempio: «Parlare oggi di rifiuti significa automaticamente parlare di inceneritori, e di recupero di energia dagli inceneritori. L’aspetto più assurdo della faccenda rifiuti-inceneritore sta proprio in quell’accoppiata pianificata e coartata, senza alcuna possibilità di replica. E’ così naturale accompagnare gli uni all’altro che chi tenta di ragionare diversamente viene immediatamente etichettato come un radicaloide che vive “fuori dal mondo”. Nelle immagini televisive e negli articoli di giornali, le montagne di rifiuti sono sempre associate alla soluzione del camino-salvatore-purificatore-produttore di ricchezza. E’ assolutamente sicuro, perché la tecnologia è sicurezza.» (Questo scritto è un copia/incolla tratto da un mio intervento, in un file recuperato nel mio computer e datato 24/03/2012. Attualissimo!)
La seconda sottolineatura è sullo “smaltimento”. I rifiuti non vanno smaltiti, ma vanno trattati, gestiti, vanno presi in carico sin dalla loro produzione, cercando di limitarla al massimo; non è pignoleria la mia, ma le parole hanno un loro valore, un significato, riflettono sensazioni e comportamenti; ma ne vedremo altri esempi.
Quanto al fatto se sia utile o no opporsi a queste proposte, risponderei chiedendo se sia stato utile opporsi, in tutti questi anni, decenni, alle proposte alternative che pure sono state avanzate.
2) Perchè soluzioni che si sono rivelate efficaci in altre parti d’Europa – i termovalorizzatori – sarebbero inadatte in Italia?
So che risulterò antipatico, ma ancora una volta devo eccepire sulla domanda: dove si sarebbe concretizzata in Europa, ma anche nel resto del mondo, questa efficacia degli inceneritori? Questi impianti sono ormai un ingombrante retaggio del passato, di un passato dove, appunto, l’incenerimento era ritenuto una pratica possibile, auspicabile, vantaggiosa; ma oggi? Oggi un inceneritore non ce lo possiamo più permettere; in una crisi ambientale ormai plateale non è più possibile distruggere materie prime dovendo poi ricorrere a nuove estrazioni o a altri devastanti abbattimenti di foreste, con l’illusione di ricavarne un “vantaggio” energetico. Quale vantaggio energetico poi? Il 20-24% dell’energia che sarà poi necessaria per rifare quanto è stato bruciato?
Ha idea di quanta sia effettivamente l’energia “recuperata (pardon “valorizzata)? Ho letto, qualche tempo fa che se in Italia si bruciassero tutti i rifiuti, tutti, senza differenziare nulla ma gettando tutto negli inceneritori, si produrrebbe solo lo 0,6% del fabbisogno energetico nazionale. Ma davvero vale la pena, non dico di costruire, ma solo di prendere in considerazione l’ipotesi di un inceneritore?
Eppure si, lo si vuole costruire magnificando, mentendo, sui risultati di impianti all’estero; su quello di Copenaghen, quello con la pista da sci sopra che va molto di moda di questi tempi. Peccato che invece, gli stessi danesi siano piuttosto preoccupati per questo impianto: “Inceneriamo troppi rifiuti e ricicliamo troppo poco” ha dichiarato il 18 maggio 2020, il ministro dell’Ambiente danese Lea Wermelin. Nella stessa presentazione il Ministro del clima, dell’energia e delle forniture, Dan Jørgensen ha ribadito “I rifiuti non dovrebbero essere qualcosa che bruciamo. Devono essere una risorsa ”. “Più riciclaggio, un’economia circolare rafforzata e meno combustione”. https://zerowasteeurope.eu/2019/11/copenhagen-incineration-plant/
3) E i biodigestori anaerobici?
Per i digestori, come per gli inceneritori d’altronde, si possono fare considerazioni sulla deresponsabilizzazione, delle amministrazioni e da loro indotta, nel cittadino che avviene con questi mega impianti “salvifici”, alla cura dei propri scarti nell’interesse di tutti i cittadini e del pianeta. Qualcosa insomma che ha a vedere anche con: “non è alle viste una rivoluzione culturale e sociale nei comportamenti collettivi” citata nella prima domanda.
Ma voglio limitarmi, anche per non appesantire troppo questo articolo, a segnalare alcuni spunti di riflessione su dei dati che “sfuggono” alla esaltazione propagandistica delle “magnifiche sorti e progressive” di questo impianto.
Schematicamente, di facile comprensione quindi, i risultati forniti da ISPRA del digestore anaerobico di Sant’Agata Bolognese che, come per l’inceneritore di Copenaghen, è al centro dell’informazione mainstream e per questo, visto che è più vicino, ci si organizzano anche visite guidate. Da notare, la pressoché irrilevante resa in metano prodotto dall’impianto, come anche del digestato (ACM – Ammendante Compostato Misto) che risulta circa un terzo rispetto alla quantità di compost prodotto invece da un impianto di compostaggio aerobico.
Ma in un documento redatto dalla AIC (Associazione Italiana Compostaggio e dal Movimento Legge Rifiuti Zero) possiamo leggere: L’ACM prodotto potrebbe avere un rapporto Carbonio/Azoto molto basso. Infatti viene prodotto dopo la sottrazione del carbonio, con presenza di quantità rilevanti di composti ammoniacali (Azoto), metalli pesanti. Inoltre, in un processo che ricicla continuamente gran parte della parte liquida del digestato, potrebbero essere presenti idrocarburi che vengono accumulati.»
Un tempo infatti, questo digestato non poteva essere usato in ambito agricolo ma non sarà più così; si sta infatti confezionando una normativa che assimila il digestato ai concimi chimici (la scusa è quella che, dato che c’è la guerra, non ci arrivano più i concimi dalla Russia). Cioè, ci sono i limiti di legge, ma se un qualcosa supera questi limiti e non è consentito… si cambia la legge!
4) Stante la situazione attuale, quanto è realistica la prospettiva dei rifiuti zero? E in quanti anni/decenni la si raggiungerebbe?
Dieci passi verso Rifiuti Zero è un “percorso” pianificato un quindicina di anni fa a Capannori, https://www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero/dieci-passi-verso-rifiuti-zero/come si può vedere nel punto 10, si ipotizza il raggiungimento di Rifiuti Zero nel … 2020.
Ovviamente il tempo è passato, ma non è stato fatto neanche uno di quei passi suggeriti. Però adesso ci si dice, visto che non abbiamo fatto nulla per raggiungere quel risultato, allora costruiamo inceneritori e digestori anaerobici. Ho potuto assistere, nel 2014, ad un incontro dell’ex Sindaco Ignazio Marino con Jack Macy, responsabile dei rifiuti di San Francisco; un incontro che avevamo proposto ed organizzato come Comitato Malgrotta grazie all’indimenticabile Sergio Apollonio. Era un incontro ristretto, tre di noi del Comitato e 7-8 dello staff di Marino. Un incontro dove Macy spiegò il progetto varato nel 2000 dal titolo “S. Francisco rifiuti zero ne 2020” erano passati 14 anni ed avevano da poco superato l’80%. Forse, disse Macy, nel 2020 non avremo raggiunto Rifiuti Zero, ma l’importante sarà stata la “vision” che ci avrà permesso di fare le scelte coerenti con quell’obiettivo.
Come da noi, insomma.
5) Quale paese europeo può essere considerato d’esempio/d’avanguardia e perchè?
Francamente, non credo di poter indicare un paese europeo da prendere come riferimento, come esempio; anche perché, come ci viene ricordato spesso, quasi tutti i paesi europei hanno molti inceneritori, molti più che in Italia, come dicevo, sono il risultato di scelte del passato quando le conoscenze e le prospettive erano ben diverse da quelle odierne, da quelle causate anche da uno stile di vita consumista che aveva però bisogno, poteva contare sull’incenerimento. Il paradosso è che adesso questi paesi stanno tornando indietro (anche spinti dalla Comunità europea che ha eliminato ogni sovvenzione al recupero energetico dai rifiuti), e noi invece, dovremmo adesso “recuperare” il gap dell’incenerimento dei rifiuti con gli altri paesi?
6) E quale città italiana potrebbe fare da modello?
Nella situazione italiana, di cui ho tratteggiato alcune peculiarità negative in tema di gestione dei rifiuti, indicare una città/modello non credo sia possibile, o è comunque molto arduo. Però non siamo allo 0 del Rifiuti Zero; secondo dati riferiti al 2021 in Italia ci sono 623 Comuni che compongono la lista dei Comuni Ricicloni. Per essere inserito in quella lista occorre avere una produzione del rifiuto indifferenziato inferiore ai 75 kg/abitante/anno ed avere una Raccolta Differenziata superiore al 65%. Insomma, le potenzialità ci sarebbero, se Governo ed amministrazioni ci mettessero un po’ più di impegno…
7) Per finire, rispondendo alla domanda che non mi ha fatto: Cosa ne pensa delle scelte della giunta romana?
Tutto il male possibile, ovviamente; già definirle scelte significa darle una parvenza di elaborazione di idee. Progetti vecchi, come ho detto, nessuna prospettiva di un futuro in linea con le esigenze che la situazione ambientale ormai ci impone di affrontare, oggi, non domani. Questi impianti ingesseranno Roma per i prossimi trenta, quaranta anni; Roma avrà il privilegio di essere l’ultima capitale europea ad avere un inceneritore per trattare i suoi rifiuti.
Si, lo so, sarò indicato come il solito, “quello del no a tutto”, quello che, solo per il fatto di aver citato Leopardi con “le magnifiche sorti e progressive” a cui ora aggiungo anche: “volti addietro i passi, del ritornar ti vanti, e procedere il chiami..” è, di conseguenza, contro ogni forma di progresso; ma riprendendo una critica, una valutazione del testo leopardiano fatta da Cesare Luparini nel 1947: «Leopardi condanna non il progresso in sé, ma coloro che vedono nel presente solo un positivo e inarrestabile progresso, ignorando le contraddizioni economiche e sociali che tale sviluppo porta con sé».
Io voglio sperare che l’Europa, quella del “…ce lo impone l’Europa” tante, troppe volte citato a sproposito, questa volta ci imponga, imponga a questa amministrazione di rivedere i suoi piani perché contrari agli indirizzi dell’Economia Circolare. In caso questo non avvenga, che venga portato avanti questo progetto irrazionale e antistorico, contando sui fondi del PNRR e sui poteri speciali per il Giubileo, che permetteranno di bypassare procedure autorizzative ed accorciare i tempi di realizzazione, questo non sarà altro che un gentile regalo al privato. Si, al privato, perché so bene che il Sindaco e l’Assessora all’ambiente parlano di impianti pubblici; ma so che loro sanno però benissimo che, con l’approvazione del DDL Concorrenza in discussione in Parlamento, tutti, tutti, ma proprio tutti i servizi pubblici dovranno essere messi a mercato, pena severe conseguenze per i Comuni che non lo faranno. Et voilà, les jeux sont faits.