Omicidio Regeni, il giudice chiede l’intervento della Corte Costituzionale
Il giudice per l’udienza preliminare accogliendo la richiesta della Procura di Roma ha disposto l’invio alla Corte Costituzionale degli atti del processo per l’omicidio di Giulio Regeni, il giovane ricercatore universitario ritrovato cadavere e con evidenti segni di tortura alla periferia de il Cairo nel 2016. Il giudice Roberto Ranazzi chiede alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla questione relativa all’assenza degli imputati, i quattro 007 egiziani, per superare lo stallo del processo, bloccato all’udienza preliminare a causa dell’impossibilità di notificare agli imputati- ufficialmente irreperibili- l’avviso del processo. “La mancata collaborazione sul caso da parte del Cairo, sostiene il giudice e la decisione di non fornire le informazioni necessarie per completare le notifiche ai quattro 007 egiziani imputati, è una scelta “antidemocratica” e “autoritaria” che crea una “inammissibile ’zona franca’ di impunità”. La Consulta dovrà decidere sulla questione di costituzionalità legata all’articolo 420 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte di un imputato, derivi dalla mancata cooperazione di uno Stato estero. “Gli elementi di fatto emersi nel corso delle indagini e dell’udienza preliminare, fanno presumere con ragionevole certezza che i quattro imputati siano a conoscenza del procedimento penale in corso in Italia nei loro confronti – spiega il giudice nell’ordinanza – Tale consapevolezza, presunta, non consente tuttavia di procedere in assenza nei loro confronti”.“ Sotto questo profilo, appare irragionevole e sproporzionata l’impossibilità di procedere in assenza quando manchi la cooperazione dello Stato estero di appartenenza o di residenza”, prosegue, aggiungendo che “ripugna al senso comune di giustizia, che un fatto così grave non possa essere oggetto di un processo”. Positiva la reazione dell’avvocato Alessandra Ballerini, che dall’inizio rappresenta e difende i genitori di Giulio, Paola Defendi e Claudio Regeni: “C’è una speranza in più, speriamo che questa sia la volta definitiva e che venga sancito che questo processo si può e si deve fare. Visto che noi diciamo sempre che Giulio ‘fa cose’, speriamo che Giulio possa intervenire anche in una riforma legislativa che consenta di non lasciare impuniti i reati di questa gravità quando gli stati non collaborano”.