‘Le persone sono sempre le stesse, i senza tetto che vivono nel quartiere, i disoccupati, quelli, molti, che per il covid hanno perso il lavoro e sempre più spesso non sanno cosa mettere in tavola, soprattutto gli ultimi giorni della settimana’. Patrizia, Patrizia (omonime) e Lauretta sono volontarie della parrocchia di S. Maria Madre della Provvidenza. La domenica distribuiscono pasti caldi nei locali parrocchiali che danno su via Abate Ugone.
Nella domenica delle palme di questa strana pasqua cattolica in pandemia sono qui all’ingresso di via di Donna Olimpia per distribuire i simbolici ramoscelli di ulivo del rito, che non ha più niente di tradizionale: bustine sigillate, le toccano solo loro e i fedeli che entrano in chiesa, saranno benedette dopo, durante la messa. ‘Quest’anno almeno la possiamo celebrare la Pasqua, certo con tutte le restrizioni previste, ma in presenza, dice don Martin Astudillo mentre si prepara alla funzione.
Anche per le due Patrizia è cambiato molto, se non tutto. ‘Prima si mangiava insieme nei locali della mensa, ora possiamo solo distribuire i pacchi di cibo già confezionati, e dobbiamo stare attente a impedire assembramenti. In parrocchia si distribuivano anche i pacchi di vestiti, ora la Caritas ha dovuto sospendere qui la distribuzione’.
Eppure un contatto ‘umano’ è rimasto: quello con le famiglie bisognose, a cui la parrocchia provvede ogni due settimane distribuendo cibo ma anche con sostegno psicologico. ‘Sono famiglie conosciute, che seguiamo da tempo, qualche volta capita di dover far fronte a un bisogno imprevisto, noi cerchiamo di esserci sempre’.
Nonostante il cambio di passo del governo e l’annunciata intenzione di farsi carico delle nuove povertà, bisogna riconoscere che sono ancora le parrocchie a reggere l’onda d’urto, a mettere in campo la loro rete capillare per far fronte a bisogni di cui lo stato sociale non ha ancora colto né la vastità né la profondità.