di Vincenzo Valentino
A proposito dei peccati
A settecento anni dalla dipartita
Dante è tornato di alta moda,
il suo verso fa lo share della partita.
Sette secoli non sono bastati
a cancellare il suo nome dalle menti
benché la poesia non piaccia ai mercati!
Il poeta ha domandato a me vivente
informazioni sul tempo presente,
perché lui dall’aldilà non ne sa niente.
Dante mette a fuoco il suo passato
ma al pari del ghibellino Farinata
il giorno d’oggi gli risulta sfocato.
Però io una notte l’ho sognato,
curioso di sapere dei peccati
mi ha chiesto quanto ho riportato.
Qual è lo stato della cupidigia,
che nella mia opra ho ben trattato?
L’uomo trabocca ancora d’alterigia?
Dico che ce n’è in abbondanza.
Tra noi l’arraffare è un’eccellenza
per tanta gente usata alla finanza.
Oggi la lussuria è tramontata?
La gente è timorata e ravveduta?
Rispondo che perdura incontrastata.
Pregoti dirmi di più dell’avarizia:
è nel mondo ancora un grande vizio?
Oppure ne è scomparsa la notizia.
Di uomini colmi di suberbia
al tristo tempo del mio esilio
ne ho incontrati una caterbia
Oggi di palloni gonfiati di protervia,
soprattutto tra la gente favorita,
ce n’è una lunga fila fino in Serbia.
Passando al prossimo peccato
dimmi se l’accidia è ancora in voga
o è un mero ricordo del passato?
Oggi, diversamente è nominata:
c’è chi la chiama noia o depressione
e da taluni indifferenza è appellata.
Vorrei che tu mi dica della gola
nella mia Firenze fu molto diffusa,
che di golosi ce n’era larga stuola.
Con diversi cuochi oggi famosi
Cannavacciolo, Cracco, Vissani
si può parlare di paese dei golosi.
Ora per favore, parlami dell’ira,
potete usare voi il verbo era?
Oppure questa tara ancora gira?
Mi piacerebbe tanto soddisfarti
ma di tipi che perdono le staffe
ce n’è a iosa pure dalle nostre parti.
L’invidia è la prima delle tre faville
che rode i cuori vecchi e dei fanciulli,
ai miei tempi il peccato andava a mille.
Ancora oggi ci fa molta compagnia,
è diffusa sia in città che nel contado
ma io la tengo a bada con la poesia.