di Luisa Stendardi, Coordinamento dei Comitati per il Forlanini bene comune
La Società della cura ha mosso i suoi primi passi a Luglio del 2020, quando la pandemia di Covid 19 sembrava attenuarsi in tutta Europa. L’iniziativa è nata su impulso di ATTAC Italia ( storica associazione di promozione sociale) con l’obiettivo di invitare gruppi , comitati, associazioni , reti di mutuo soccorso a riflettere sulle lezioni della pandemia per costruire “la società della cura di sè, degli altri, del pianeta” secondo le parole del blog degli organizzatori.
Ad Ottobre del 2020 , dopo un’estate rilassata rispetto al lockdown duro dei mesi precedenti, il virus tornava a correre con il suo insopportabile tributo di dolore e di morte. Nel frattempo l’invito lanciato a Luglio da Attac si diffondeva in tutta Italia con l’adesione di un numero sempre più alto di associazioni che hanno riassunto in un Manifesto valoriale i contenuti delle loro discussioni : conversione ecologica della società, lavoro ,reddito e welfare nella società della cura, riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici, centralità dei territori e della democrazia di prossimità, scienza e tecnologia al servizio della vita e non della guerra, finanza al servizio della vita e dei diritti. Su questa base, a Novembre è stata organizzata la prima manifestazione nazionale della Società della cura che ha visto la partecipazione di più di 300 associazioni e oltre mille partecipazioni individuali. Da Novembre in poi sono state costruite diverse iniziative : manifestazioni, consegna di doni simbolici al Governo e agli Enti locali per misure di emergenza necessarie a vivere nella crisi ecc…fino al lancio del Recovery planet in risposta al Recovery plan dell’Unione europea che ,secondo gli organizzatori ,non mette in discussione i principi di crescita infinita dell’economia . Il Recovery planet rappresenta in alternativa “Il piano per una ripresa centrata sull’eguaglianza di genere, i diritti delle persone, dell’ambiente ”
A Roma Sabato 10 Aprile l’iniziativa si è svolta per tutta la giornata. Dalle 9,30 alle 18,30 sono state organizzate diverse tappe nei luoghi simbolo della “mancanza di cura” come ospedali dismessi e abbandonati, teatri chiusi e mai riaperti : Forlanini, teatro Valle , S, Maria della pietà, l’edificio del Rialto S,Ambrogio, che per anni ha ospitato diverse attività sociali e culturali nel cuore di Roma, sgombrato dai gruppi che lo tenevano vivo e lasciato deperire dall’amministrazione capitolina senza destinazione. La prima tappa alle dieci del mattino è stata quella dell’ex ospedale Forlanini. Gli attivisti del Coordinamento dei comitati locali per il Forlanini bene comune si sono riuniti di fronte all’ingresso principale con i loro cartelli
Chiedono da anni alla Regione Lazio l’approvazione di un piano organico di recupero dello storico complesso, accompagnato dalla realizzazione di una sanità di prossimità in grado di fornire i servizi necessari alla popolazione: RSA (Residenze sanitarie assistite) pubbliche di moderna concezione , riallocazione degli ambulatori con il recupero dei fitti passivi della ASL , degli uffici dell’ARES e del centro trasfusionale regionale. E tanto altro anche sotto il profilo del recupero valoriale del complesso come centro di aggregazione sociale e culturale. Basti pensare al grande valore del museo anatomico, dei teatri e del parco ricco di piante rare che circonda la parte monumentale.
Di recente, come abbiamo spesso documentato nelle nostre pagine, è stata avviata una trattativa tra la Regione Lazio, la Cgil regionale e il Coordinamento dei Comitati . La Regione si è dichiarata disponibile alla collocazione di una RSA pubblica e di una Casa della salute, e alla candidatura del Forlanini come eventuale sede della futura Agenzia europea della ricerca biomedica. Allo stato attuale restano da definire i perimetri di questi interventi e l’evolversi della situazione sanitaria del paese non consente di perdere ancora altro tempo. Il Coordinamento non può aspettare la definizione della candidatura dell’Agenzia, questo è stato detto chiaramente dagli attivisti negli interventi registrati durante il flash mob . Bisogna iniziare da subito a scegliere ed allargare le aree destinate ai servizi socio sanitari. La sanità pubblica deve essere ripensata nel senso di assicurare la cura universale e gratuita a tutti i livelli, dall’ospedale alla sanità di prossimità che la pandemia ha rivelato carente nei nostri territori.
La necessità di un accelerazione viene anche dalla recente sentenza del Consiglio di Stato che ha imposto la riapertura dell’ospedale S. Giacomo , posto nel cuore di Roma, chiuso da tredici anni . E’ stata dichiarata illegittima la decisione dell’allora Presidente di Regione Marrazzo di dismettere la struttura ospedaliera ed è stato accolto il ricorso presentato dagli eredi del cardinale Salviati che sul finire del 500′ donarono l’immobile agli amministratori della città con l’espresso vincolo di riservarlo alla cura della salute pubblica, come ospedale. Secondo i giudici il piano di rientro del debito della Regione non giustificava la chiusura dell’ospedale che doveva e poteva essere ricondotto ad una gestione efficiente. Dopo la sentenza la Regione Lazio dovrà prendere posizione con provvedimenti espliciti, cosa che ancora non ha fatto e dovrà farlo anche nei confronti del Forlanini, la cui sorte nonostante la trattativa in corso, non è ancora chiara e definita. L’unica cosa certa è che i cittadini attraverso le loro organizzazioni continueranno le azioni di protesta per chiedere la riapertura di questi storici luoghi a favore della sanità pubblica e in consonanza con i bisogni socio-sanitari espressi dai territori.