Dal sito Firstonline l’articolo di Vittoria Patanè
Lo sanno in pochi, dato che i partiti sembrano poco interessati a far campagna elettorale sul tema, ma domenica 12 giugno, lo stesso giorno in cui 978 comuni voteranno per le elezioni amministrative, si dovrà votare anche per i referendum sulla Giustizia.
Ci verranno consegnate 5 diverse schede elettorali di cinque differenti colori (rosso, arancione, giallo, grigio e verde), ognuna delle quali contenenti un quesito. Tre domande su cinque riguardano il funzionamento interno dell’ordine giudiziario, vale a dire l’elezione dei magistrati al Csm, la valutazione sull’operato delle toghe e la separazione delle funzioni. Gli altri due sono collegati al diritto penale e riguardano l’abolizione della Legge Severino e la limitazione delle misure cautelari.
I referendum abrogativi si terranno domenica 12 giugno. I seggi saranno aperti dalle 7 del mattino alle 23 di sera. Lo scrutinio comincerà invece lunedì 13, a partire dalle 14. Nel Comuni dove si voterà anche per le amministrative si dovrà dare precedenza alle schede referendarie.
Ricordiamo che per abrogare le norme oggetto di referendum si dovrà votare Sì, per mantenere le norme oggetto di referendum si dovrà votare No.
È previsto un quorum? Sì, affinché i referendum siano validi, così come previsto dall’articolo 75 della Costituzione, i singoli quesiti referendari saranno approvati se voterà la maggioranza (50%+1) degli aventi diritto al voto e se si raggiungerà la maggioranza (50%+1) dei voti validamente espressi. Per abrogare la norma oggetto del quesito si dovrà votare Sì, se invece si vuole lasciare tutto com’è si dovrà votare No. Ad oggi la possibilità di arrivare al quorum sembra abbastanza scarsa, principalmente per due motivi: il primo riguarda la complessità dei quesiti, la seconda la debole campagna elettorale fatta dai Partiti, sia quelli favorevoli al Sì che quelli che quelli contrari.
Chi ha promosso i referendum sulla Giustizia? I cinque quesiti oggetto di referendum sono stati promossi dalla Lega e dal Partito Radicale. In realtà i due partiti ne avevano presentato un sesto, relativo alla responsabilità civile dei magistrati, ma la Corte Costituzionale lo ha giudicato inammissibile insieme ad altri due quesiti che riguardavano cannabis e “omicidio del consenziente”.
Su cosa si vota?
Il primo quesito: l’abolizione della legge Severino
Il primo quesito (scheda rossa) prevede la cancellazione della cosiddetta legge Severino che nel 2012 ha introdotto dei limiti alla candidabilità e di eleggibilità di politici condannati per reati di mafia, terrorismo o contro la pubblica amministrazione. In base a quanto previsto dalla Legge, i suddetti politici vengono sospesi dalle loro cariche anche in caso di condanne non definitive, cosa che ha fatto e fa inviperire i sindaci spesso soggetti al rischio di .abuso d’ufficio.
Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?
Quesito 1 Referendum sulla Giustizia
Perché Sì: l’automatismo deve essere eliminato e devono essere i giudici a stabilire l’interdizione dai pubblici uffici tramite pena accessoria.
Perché No: bisognerebbe modificare alcuni elementi, come la sospensione per gli amministratori locali che hanno subito sentenze non definitive, ma la Legge Severino deve rimanere.
Il secondo quesito: misure cautelari
Scheda elettorale arancione per il referendum sulla Giustizia – Fonte: ministero dell’Interno
Il secondo quesito (scheda arancione) chiede di limitare i casi in cui si possono applicare le misure cautelari, modificando l’articolo 274 del codice di procedura penale. Il quesito, in particolare, propone di abrogare l’ultima parte dell’articolo che stabilisce la possibilità, anche per reati di minor gravità, di motivare la custodia preventiva con il pericolo di reiterazione. Resterebbe comunque la misura cautelare per i reati più gravi.
Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?
Quesito 2 Referendum sulla Giustizia
Perché Sì: riduce il numero di indagati e imputati soggetti a misure cautelari senza essere processati.
Perché No: riduce la possibilità di applicare misure cautelari in casi in cui è fondamentale agire con urgenza, soprattutto per alcune tipologia di reato, come la truffa o lo stalking, in cui il rischio reiterazione esiste.
Il terzo quesito: separazione delle funzioni dei magistrati
Scheda elettorale gialla per il referendum sulla Giustizia – Fonte: Ministero dell’Interno
Il terzo quesito (scheda gialla) chiede di ridurre la possibilità per i magistrati di passare dalla funzione di giudice a quella di pubblico ministero e viceversa. Ad oggi si può fare per quattro volte, che con la riforma Cartabia si riducono a due. La richiesta sottoposta a referendum è quella di dare la possibilità di effettuare questo passaggio una volta sola.
Volete voi che siano abrogati: l’“Ordinamento giudiziario” approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura”; la legge 4 gennaio 1963, n.1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n.150», nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.150” , nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall’art.2, comma 4 della legge 30 luglio 2007, n.111 e dall’art.3-bis, comma 4, lettera b) del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24, limitatamente alle seguenti parti: art.11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art.13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art.13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art.13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al ppresidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art.13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art.13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art.13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’art.10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art.10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’art.13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160.”?
Quesito 3 Referendum sulla Giustizia
Perché Sì: la modifica riequilibra il sistema giudiziario, evitando commistioni tra chi giudica e chi accusa.
Perché No: la separazione delle funzioni rischierebbe di isolare i Pm e sarebbe un ostacolo alla carriera dei magistrati, impedendo loro di svolgere funzioni diverse.
Il quarto quesito: voto dei membri laici nei Consigli giudiziari
Scheda elettorale grigia per il referendum sulla Giustizia – Fonte: Ministero dell’Interno
ll quarto quesito (scheda grigia) chiede di abrogare le norme riguardanti le competenze dei membri laici (giuristi, professori universitari, avvocati) in seno ai Consigli giudiziari e in particolare il divieto di votare nei consigli giudiziari dove attualmente è consentito il solo voto dei magistrati. Sul punto la riforma Cartabia apre al solo voto dell’avvocatura.
Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?
Quesito 4 Referendum sulla Giustizia
Perché Sì: la componente laica non deve essere esclusa dal giudizio sulla professionalità dei magistrati per ridurre il tasso di autorefenzialità nelle valutazioni.
Perché No: il rischio è quello che un giudice debba rimettersi al giudizio di un avvocato che potrebbe incidere su un eventuale avanzamento di carriera o esprimersi a suo sfavore per contrasti professionali. Per i sostenitori del No la questione andrebbe risolta per “via legislativa”.
Il quinto quesito: elezione dei candidati al Csm
Scheda elettorale verde per il referendum sulla Giustizia – Fonte: Ministero dell’Interno
Il quinto quesito (scheda verde) chiede se abrogare l’obbligo di raccogliere una lista di almeno 25 firme valido per i magistrati che intendono candidarsi al consiglio superiore della magistratura (Csm).
Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?”
Quesito 5 Referendum sulla Giustizia
Perché Sì: secondo i sostenitori del Sì, abrogando questa norma si riuscirà a indebolire le correnti interne alla magistratura, lasciando ai magistrati maggiore libertà di candidarsi.
Perché No: secondo i sostenitori del No la riforma Cartabia prevede già questa modifica, quindi sottoporla a referendum non ha senso.
Riforma Cartabia e referendum sulla Giustizia
Tre dei cinque quesiti oggetto di referendum riguardano temi sui quali interviene anche la riforma Cartabia, già approvata dalla Camera e attualmente in discussione al Senato. Si tratta, in particolare, del quesito relativo alla separazione delle funzioni dei magistrati, di quello sul diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari e della domanda relativa all’abolizione delle firme per le liste di candidati al Csm.
Cosa succede se la riforma viene approvata prima del referendum? L’ultimo quesito, quello sull’abolizione della raccolta delle firme per candidarsi al Csm, potrebbe decadere poiché con l’ok alla riforma le modifiche sul tema in essa contenute entrerebbero in vigore immediatamente senza bisogno di emanare decreti attuativi. Gli altri due invece, rimarrebbero validi per il motivo opposto (necessitano di decreti attuativi), ma anche perché i quesiti referendari e le nuove norme sono simili ma non sovrapponibili.
La posizione dei partiti sul referendum sulla Giustizia
Lega: il Carroccio è uno dei due partiti che ha promosso il referendum, ma la campagna elettorale vista fino ad ora in favore del Sì appare molto “timida”.
Forza Italia: Sì a tutti e cinque i quesiti che secondo Silvio Berlusconi sono “fondamentali” per riformare l’ordinamento giudiziario.
Fratelli d’Italia: Sì ai tre quesiti che riguardano l’ordinamento interno, No a quelli sulla legge Severino e ai limiti alla custodia cautelare.
Italia Viva: Sì a tutti e cinque i quesiti.
Azione: Sì a tutti e cinque i quesiti.
M5S: No a tutti e cinque i quesiti.
Partito Democratico: libertà di coscienza sul voto. Enrico Letta ha fatto sapere che voterà No a tutti i quesiti perché “aprirebbero più problemi di quelli che si vogliono risolvere”.