Settembre, andiamo. È tempo di studiare.
Sui colli della Capitale, dalla Tuscolana al mare,
non è più tempo di poltrire;
si svuotano i litorali, si riempiono le scuole.
In queste ore, lungo tutto lo stivale,
gli studenti hanno lasciato le dimore,
incollati ai cellulari, arrivano pian piano
dopo un’ora di gimkana tra gli ingorghi dell’aurora
con l’autobus e con il treno a indesiderata destinazione.
Poscia aver lasciato a malincuore
i monti latini,
il mare di Sabaudia e di Fregene
e altri luoghi ameni,
per affrontare l’anno che viene
tra alternanza di scuola e di lavoro
e scomposte adunate nei laboratori.
Nell’aria risuonano ancora
i rumori di cicale e di motori
colonne sonore di fugaci amori,
frotte di studenti con contrastato umore
entrano esitanti nelle aule consunte,
un tempo già pestate dai parenti,
per studiare, non volenti, Dante e Cavalcanti,
funzioni e derivanti, che appaiono distanti
dagli interessi del momento.
A questa esperienza non c’è resistenza,
a scuola ci si va, pena l’ignoranza.
Ritrovano con sollievo imbrattati i muri,
segni familiari,
impressi dai ripetenti per le leve future,
che dicono di falli e momentanee incazzature
tracciati a dispetto degli odiati professori.
Ignari, i professori, illustrano formali
le programmazioni annuali,
le solite cose originali:
il corso di educazione per misurare i toni,
le gite oltre le mura, gli incontri con scrittori,
e film reputati formativi,
occasione pura per fischiare in sala
senza essere beccati.
Per vincere la noia, si usa far caciara.
Lo stare insieme conforta
soprattutto chi studiare non sopporta;
anche se nel bagno non c’è carta,
e a volte manca anche la porta.
L’essenziale è che la barca, anche se fallata,
in qualche modo sia salpata.
Tutti dentro, gli studenti, speranzosi di approdare
alla prossima estate, senza debiti o bocciati.
Per ora evitando la fatica,
in attesa che l’orario venga definito,
che l’organico insegnanti venga completato,
che l’ultimo supplente venga nominato.
Buon anno a tutti,
bidelli e genitori, docenti e discenti,
la buona scuola non esiste,
è tutta da inventare.
Agli studiosi e ai nullafacenti,
auguriamo che l’anno nuovo,
ch’anco tardi a finir, non vi sia grave.
Vincenzo Valentino, 16 settembre 2019