Raffaella Leone
Allarghiamo il cerchio, era l’invito di partenza, e il cerchio si allarga: alla seconda assemblea pubblica del nascente comitato per la tutela dei grandi alberi di Monteverde Tam Tam si contano già ottanta iscritti (erano trenta domenica scorsa). Il gruppo animato dall’instancabile Maria Elena Carosella con il prezioso aiuto dell’avvocata Francesca Curatola, ha già all’attivo una lettera con la richiesta di convocazione urgente inviata al Municipio, firmata da Giorgio Osti a nome e per conto di una trentina di associazioni- di quartiere e non solo. E presto partirà una diffida che sarà indirizzata anche al sindaco- lui stesso monteverdino, detto en passant. L’allarme immediato riguarda il previsto abbattimento di 59 dei 60 olmi di via Ozanam, di cui perlomeno si vorrebbe sapere perchè e sulla base di quali perizie- strumentali e non ‘a vista’- sono stati condannati. Ma più in generale è la gestione del verde pubblico romano a mostrare diverse criticità, dalle potature fuori dai periodi consentiti dal regolamento del verde, alle capitozzature indiscriminate , spesso affidate a ditte esterne al servizio giardini capitolino- peraltro carente di personale- alla Consulta del verde che ancora non vede la luce.
Si può parlare della tutela del verde senza ideologismi o forzature, guardando al futuro di tutti noi, anche, se non soprattutto, al futuro di figli e nipoti. Lo fa in assemblea, collegato telefonicamente, il dottor Giovanni Morelli, agronomo capace di guardare oltre l’immediato e di smontare con molta chiarezza alcune delle narrazioni che vanno per la maggiora, premettendo che prima di tutto -anche prima delle scelte, c’è un problema di chiarezza e di comunicazione, cioè di come un’amministrazione pubblica si pone nei confronti dei cittadini. Da agronomo, Morelli , che chiarisce di non conoscere direttamente la situazione di via Ozanam, non ama l’espressione ‘fine ciclo’. ” Non dice nulla. Se qualcuno mi dice che un’alberata è arrivata a fine ciclo e quindi deve essere abbattuta io da tecnico non ne posso trarre alcuna informazione. Se abbattere un’alberata per motivi legittimi può essere una scelta e talvolta è un imperativo, questo deve essere chiarito in maniera compiuta e inequivocabile” anche per sgombrare il campo da eventuali controperizie o incomprensioni.
Un intervento applaudito a più riprese, impernato su quelli che lo stesso agronomo indica come tre cardini., “Io credo che innanzitutto debba essere pretesa professionalità, come cittadini e contribuenti dobbiamo pretendere il più alto livello di professionalità, tanto più da quelle amministrazioni, come Roma, che certamente hanno gli strumenti per accedere ai livelli più elevati della conoscenza internazionale, dice Morelli “estremamente comprensivo con la situazione romana , estremamente complessa: ci sono una serie di criticità che non dipendono nemmeno da chi gestisce il verde.” Ma ci sono altre città che questi problemi li hanno già affrontati, bisogna rivolgersi a chi certe scelte le ha fatte. E’ un dovere e un investimento, “e come tale va gestito nel miglior modo possibile”.
Il secondo ‘cardine’ : “va preteso che venga definito in maniera chiara e inequivocabile venga definito un atteggiamento etico e deontologico nei confronti degli alberi. Un albero è un essere vivente e come tale deve essere trattato. Il che non significa fermarsi all’integralismo di non abbattere più nulla, ma significa attribuire a chi ha le competenze l’onore e l’onere, soprattutto, nella scelta di cosa deve essere eliminato, come deve essere gestito quel che rimane, quindi pretendere limpidezza. Come poi questi due cardini possano essere raggiunti, ahimè, non lo so dire, dipende da molte sensibilità “, ammette Morelli che però fa presente che il cittadino ha il potere di voto. ” Se noi ponessimo come cittadini tutti la gestione del verde come uno dei temi discriminanti nella scelta dei politici a cui far riferimento, e non per secondario, probabilmente cambierebbe anche l’atteggiamento”.
Il terzo cardine riguarda la formazione, fin dalla più tenera età e chiama in campo la scuola. “Ciò che noi come cittadini dobbiamo pretendere è che nei bambini, nell’età pre-scolare, nelle scuole primarie venga fatta educazione ambientale seria e libera da luoghi comuni, una narrazione realistica”, senza cerbiattini che saltano o boschi incantati. “Esiste un mondo meraviglioso che è spiegabile attraverso la scienza e che noi abbiamo il dovere e il piacere di insegnare ai nostri figli”, i tecnici, politici e gli amministratori di domani.
Si son fatte scelte che andavano contro le abitudini consolidate dei cittadini- la raccolta differenziata, il divieto di fumo nei locali pubblici, l’obbligo delle cinture di sicurezza in auto- ma oggi nessuno le metterebbe in discussione, osserva Giovanni Morelli chiudendo con una nota preoccupata e preoccupante: “oggi siamo di fronte a delle contingenze climatiche che non danno alcuna garanzia che un albero piantato oggi arrivi tra 70 anni a fare quello che sta facendo l’albero che oggi abbatto” (riguardo alla salute psico-fisica e alla pulizia dell’aria).
All’assemblea pubblica sono presenti membri di comitati di quartiere, della rete associativa La Tela, di grandi associazioni ambientaliste, del Municipio X (che ‘gode’ del decentramento amministrativo e potrebbe amministrare in proprio il verde del territorio ma non ha soldi nè personale sufficiente) il consigliere capitolino 5 stelle Daniele Diaco, e molti volontari, come Elmut ,che promuove in proprio un mini-referendum e vuole fare il giro dei negozi per attaccare locandine o come la signora che a via Ozanam ci abita, e propone una manifestazione ‘in maschera’ (ovviamente da albero) o un flash mob più estremo ma fuori legge. Insomma, il cerchio si sta allargando, come il sasso nello stagno della Fantasia di Rodari.