Israele e Palestina: Mustafa Barghouti e Shlomo Ben Ami, due protagonisti a confronto

di Luisa Stendardi

La Fondazione Ducci, nota per il suo impegno in ambito culturale e sociale e per l’approfondimento delle analisi di tematiche internazionali, ha organizzato il 3 Luglio scorso un incontro presso la Sala Promoteca del Comune di Roma Capitale, tra due personaggi politici dell’area del vicino oriente , intervistati da Lucio Caracciolo e Alan Friedman :Mustafa Barghouti, medico,presidente dell’Iniziativa Nazionale Palestinese e Shlomo Ben Ami,ex Ministro degli Esteri di Israele.

Roberto Gualtieri, sindaco di Roma

L’incontro è stato preceduto dal saluto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, in veste di padrone di casa nella cornice della prestigiosa sala della Promoteca. Oltre ai due moderatori, Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geo-politica Limes ed Alan Friedman, giornalista e scrittore esperto di economia, due volti noti al pubblico televisivo , Il dibattito è stato animato dalla partecipazione al dibattito dell’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’istituto Affari Internazionali e Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia della vita.

Mustafa Barghouti Medico e politico palestinese Foto dal web
Lucio Caracciolo, Direttore di Limes

Lucio Caracciolo ha posto la prima domanda a Barghouti . Premesso che da ambo le parti: Hamas e Israele, si sta combattendo una guerra “senza fine, senza scopo e senza un termine “, nel campo palestinese con chi dovrebbe parlare la delegazione di un futuro tavolo di pace? Barghouti ricorda che dal 2006 non si svolgono in Palestina libere elezioni legislative e che , allo stato attuale, non esiste una leadership democraticamente eletta ,in grado di rappresentare la popolazione palestinese e probabilmente nessun partito potrebbe ottenere la maggioranza assoluta., Dopo il cessate il fuoco , che metta fine alla carneficina delle bombe ,dovrebbero essere indette libere elezioni in Palestina ,il primo passo in vista di un futuro negoziato o trattativa. La politica dei due stati è fallita , in parte per l’intrinseca debolezza delle due leadership ed ora non la può certamente riesumare Netanyahu e anche gli altri leaders israeliani non hanno mai voluto realmente perseguirla. Oggi , il numero impressionante di morti nella popolazione civile di Gaza , circa 40.000, più 87.000 mila feriti ,di cui moltissimi che non si possono curare, 20.000 orfani, 1.200 bambini con amputazioni ,questi numeri sono di fronte al mondo .
Segue la domanda di Friedman , che parte dalla necessità di esercitare un fact checking, un controllo dei fatti e delle cifre : nel 2006 Hamas ha fatto un colpo di stato, il 70% degli israeliani è contro Netanyahu, Hamas ha rivendicato i fatti del 7 Ottobre, Byden non è riuscito ad imporre la sua volontà, le cifre dei morti non sono esatte, da sempre contro Israele è stata lanciata l’accusa di genocidio. Questi i fatti , la domanda è : Potrà esserci pace fino a quando Sinwar ( il capo di Hamas che ha organizzato l’attacco del 7 Ottobre) sarà in vita?

Barghouti rispondendo dichiara che Israele ha impedito le elezioni a Gerusalemme, lui stesso è stato arrestato 4 volte in un mese ,(nel Gennaio 2005 era candidato alle elezioni per la presidenza dell’Autorità Palestinese), Su Gaza ,nella guerra in corso ,sono state sganciate 80.000 tonnellate di esplosivo in un raggio di pochi chilometri quadrati, Il governo israeliano non permette a nessun giornalista di entrare a Gaza,157 i giornalisti uccisi, uccisi anche molti medici e infermieri. Nei territori occupati vige da anni un regime di apartheid nei confronti dei palestinesi: i coloni , protetti dall’esercito israeliano , perseguitano la popolazione palestinese che può scegliere tra l’accettare il regime di apartheid, subire la pulizia etnica o il genocidio, non c’è differenza sostanziale tra il destino di Anna Frank e quello del bambino palestinese . Il futuro , difficile, è quello di un paese democratico per tutti , uguali diritti , West bank e Gaza, un governo solo.

Shlomo Ben Ami , ex ministro degli esteri israeliano Foto da Archivi Wuz


Interviene l’ex ministro degli Esteri israeliano Shlomo Ben Ami, diplomatico israeliano e storico,. ”Uno dei problemi di Oslo è stato di non aver vietato gli insediamenti”, il lunghissimo conflitto israelo-palestinese, è un unicum nel mondo contemporaneo, ha superato ogni limite. “Mustafà vorrebbe uno stato bi-nazionale, io non credo che questo sia possibile. E’ stato impossibile a Cipro e nella ex Jugoslavia. Si può arrivare alla pace anche se è molto difficile. Uno dei principali problemi sono i coloni”, gli insediamenti ebraici nei territori palestinesi.” E’ necessario un governo senza Netanyahu che non sarà certamente in grado di raggiungere una soluzione . Il 20% della popolazione israeliana è di origine palestinese,( i cosidetti arabi -israeliani ) che si identificano con Israele. La legge del 18 Luglio del 2018 che definisce , per la prima volta, lo stato d’Israele come “la casa nazionale del popolo ebraico”,” è una legge razzista e il governo Netanyahu è un governo fascista e va rimosso. Hamas dovrà essere incluso nelle trattative, ma con Netanyahu non sarà possibile e se a Novembre verrà eletto Trump, sosterrà Netanyahu”. Gli ortodossi che un tempo erano in gran parte antisionisti, ora sono i coloni ultra-sionisti. “E’ necessario il ritiro unilaterale dei coloni e l’aiuto della comunità internazionale, potremmo anche coinvolgere la Giordania per la creazione di una confederazione, una sorta di Benelux in tre parti”.Intervengono Monsignor Paglia e l’ambasciatore Nelli Feroci per ribadire, l’estrema pericolosità della situazione internazionale con 59 guerre in atto e la concreta possibilità che il conflitto in medio oriente possa allargarsi al Libano , coinvolgendo altri attori internazionali.

Caracciolo si ritiene soddisfatto dell’andamento dell’incontro “questo confronto dimostra che il dialogo è difficile,ma possibile”. La preoccupazione per il confine orientale d’Israele è tangibile ,in presenza di un conflitto con Herzbollah sempre più intenso, e Caracciolo su questo punto si domanda “che fine faccia la forza d’interposizione Unifil della Nazione Unite con il contingente italiano”. Sulla questione palestinese , si dichiara scettico sulla possibilità concreta della costruzione dei due stati , vista anche l’asimmetria tra la condizione d’Israele ,potenza nucleare dell’area mediorientale, e la debolezza intrinseca del possibile stato palestinese. In tutto questo emerge in tutti gli interlocutori la mancanza di una posizione dell’Europa ,che non riesce a trovare un ruolo significativo nei confronti del processo di pace.
Nelli Feroci apprezza l’apertura di Barghouti sull’ipotesi delle elezioni politiche in Palestina per la formazione di un esecutivo stabile e legittimato ,così come concorda con la critica radicale di Ben Ami al governo Netanyahu e ad una certa legittimazione di Hamas. Sottolinea l’importanza della comunità internazionale “gli americani sono tornati sulla scena , per ora senza ottenere risultati . E’ auspicabile un cessate il fuoco temporaneo e poi definitivo di fronte ad un rischio concreto di regionalizzazione del conflitto, e, ancora una volta, sottolinea “l’irrilevanza clamorosa dell’Europa”.
Il convegno si chiude con la consapevolezza ,tra il pubblico presente in sala ,dell’estrema incertezza della situazione mediorientale e delle grandi domande sulla possibilità di arrivare ad aprire con successo un processo di pace. Il confronto tra le parti , con posizioni diverse, è il primo passo.

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