Rifiuti in viaggio, Lazio (e Roma) in testa alla classifica dell’export di spazzatura
Dal sito di economia e finanza FIRSTonline l’articolo di Luca Paolazzi, economista, senior partner di Ref Ricerche
Un TIR che insegue un’automobile per speronarla e spingerla in un burrone o sui binari di un treno in arrivo. In Italia l’incubo messo sugli schermi cinematografici dal debuttante Steven Spielberg in Duel, film diventato cult, avrebbe un tocco tragico-comico, alla Checco Zalone: il gigante della strada sarebbe carico di spazzatura.
Anzi, dovremmo proprio dire «monnezza», perché una volta su tre quel mezzo pesante stipato di maleodoranti resti di pasti, cibo andato a male, plastica, cocci di vetro, lattine sporche e quant’altro buttiamo via quotidianamente, sarebbe partito dal Lazio. Diciamo pure da Roma, vista la schiacciante preponderanza della capitale sul resto della regione (77% della popolazione residente, se poi si aggiungono i turisti…).
Questa alta probabilità si ricava dalla mappatura realizzata dal Laboratorio per i servizi pubblici locali di REF ricerche sulla capacità di trattamento e smaltimento dei rifiuti delle regioni italiane. Da cui emerge che ben 14 hanno una capacità insufficiente a gestire tutta l’immondizia prodotta in loco e sono costrette a trasportarla in quelle che hanno una capacità eccedentaria o addirittura all’estero.
Ecco che ogni giorno 550 TIR carichi di rifiuti partono per le varie destinazioni. In totale fanno 200mila autoarticolati all’anno. Messi in fila, formerebbero una colonna lunga da Reggio Calabria fino a Mosca. Alla faccia di Greta, del Green Deal, del climate change, del particolato e della salute degli italiani. Ma anche delle loro tasche. La mancanza di impianti, infatti, fa lievitare la tassa sui rifiuti.
Quali sono le regioni “canaglia” che non si sono dotate di impianti adeguati, come invece prevede la norma che prescrive l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti?
In testa c’è il Lazio, appunto, che mette in strada ogni giorno 162 TIR, ossia poco meno di 60mila all’anno. A ruota segue la Campania, con 142 TIR; e accostando il deficit impiantistico campano alla camorra ecco che scocca la scintilla che incendia la terra dei fuochi. Insomma, da un’illegalità ne nasce un’altra di traffici mafiosi. Scrivendo mafia viene in mente la Sicilia, che è buona terza in questa graduatoria all’incontrario, dove gli ultimi sono i primi, non evangelicamente; distanziata, però: “solo” 78 TIR al giorno, 28mila all’anno.
Ma il vizietto non è un’esclusiva meridionale. Le regioni del profondo Nord occupano il 4° (Veneto), il 6° (Piemonte), il 7° (Trentino Alto-Adige) e il 9° posto (Friuli Venezia-Giulia). Con un numero di TIR che solo apparentemente è molto più basso, perché anche la popolazione lo è. Rapportata agli abitanti la carenza di capacità del Trentino-Alto Adige surclassa quella siciliana; quella del Friuli Venezia-Giulia la tallona.
C’è una stretta relazione tra mancanza di impianti di smaltimento dei rifiuti e costo sostenuto dalle famiglie per il trattamento dell’immondizia. Per una famiglia tipo di tre persone, infatti, la regione più cara è la Campania, con 447 euro l’anno, pari al 2,3% del reddito disponibile familiare, seguita dal Lazio (383 euro) e dalla Sicilia (382). Contro i 246 euro della Lombardia (che ha un netto surplus di capacità), pari allo 0,6% del reddito.
Veneto, Friuli Venezia-Giulia e, soprattutto, Trentino-Alto Adige nascondono ai cittadini-contribuenti il costo della loro inefficienza, perché fanno pagare bollette basse. Grazie al fatto che la Lombardia e i patri confini, oltre cui portare i rifiuti di troppo, sono assai vicini. A Gianni Rodari questa italica vergogna avrebbe certamente ispirato un’appendice al famoso gioco-ritornello per bambini: arriva un bastimento carico, carico di…